Domenico Jaccarino, un giornalista della Napoli dell’Ottocento
La Napoli degli anni immediatamente successivi all’unificazione fu caratterizzata dalla diffusione di numerose testate giornalistiche, che spesso ebbero vita breve sia per motivi economici e organizzativi che soprattutto per la violenta censura operata dal governo di Torino.
Domenico Jaccarino, Napoli (1840-1894) fu l’ideatore di numerosi giornali che spesso ebbero breve vita. Fallito l’esperimento costituzionale svanì tutto l’entusiasmo che aveva caratterizzato la prima parte del regno di Ferdinando II, quando a Napoli fiorirono importanti riviste scientifiche e artistiche, su tutte Il Poliorama Pittoresco, L’Omnibus Pittoresco, gli Annali Civili e Il Lucifero, inoltre cessarono anche le pubblicazioni dei tanti fogli che avevano vivacizzato la vita politica nel breve periodo liberale. Ma a partire dalla prima metà del decennio successivo, ripresero le pubblicazioni delle principali riviste degli anni precedenti come gli Annali, l’Omnibus e il Poliorama, sintomo di un lento ritorno alla normalità e furono date alle stampe nuovi giornali come Il Nomade, il filogovernativo L’Ordine e Il Tornese, diretto da Tommaso Ruffa, che nel 1860 fu tra i protagonisti della fondazione del fortunato Lo Cuorpo de Napole e lo Sebbeto.
In questo clima di timida rinascita, Jaccarino dalle colonne del “suo” Bazar letterario a partire dal 1858, tradusse in napoletano la Divina Commedia.
La passione per il giornalismo e per la lingua del Sebeto caratterizzarono l’attività letteraria dello Jaccarino che il 20 luglio 1861, conciliando le sue passioni, fondò il quotidiano Pulicenella e lo Diavolo Zuoppo. Ormai non esisteva più il Regno delle Due Sicilie, anche a causa della spedizione garibaldina a cui aveva partecipato lo stesso poeta napoletano.
Facevano parte della redazione del giornale, tra gli altri, Luigi Chiurazzi (Napoli 1831-1926) poeta, editore e giornalista, nonché Luigi Cassito (Bonito 1823-1889) poeta e giornalista, che fungeva da inviato dall’Irpinia. Il Pullicenella fu quindi garibaldino e liberale, ma non mancarono sulle sue colonne critiche al governo centrale. Chiurazzi curò la Nova smorfia pe li cabbaliste libberale, nella quale il numero 1 è l’Italia, il 2 la libertà e Garibaldi “le ccose cchiù care”, oltre a una storia di Napoli, rimasta incompiuta, che inizia dalla fine del viceregno spagnolo, ovvero dal 1707. Sia la cabala che la “Storia de Napole” furono spietate nei confronti della dinastia borbonica e degli altri stati preunitari, oltre che naturalmente nei riguardi dell’Austria.
Ma il Pullicenella non rimase insensibile ai problemi scaturiti dalla recente unità italiana, infatti a partire dal 16 ottobre, Jaccarino pubblicò a puntate il poemetto Le gradassate de Torino mmiezo a ll’Itala, poema zucuso e nzorfato, nel quale il nostro criticò in particolare la piemontesizzazione del vecchio regno di Napoli e il vertiginoso aumento delle tasse.
Un articolo non firmato del 29 novembre pone il problema della capitale d’Italia, ovviamente nell’attesa che Roma venisse annessa al Regno d’Italia, in tale articolo l’anonimo giornalista sottolinea che:
“La terza cetà de lo munno, non pò sta soggetta a Torino! Nuje avimmo fatta l’Italia Una, e non nce simmo annettate a lo Piamonte! Lo Piamonte tene 4 meliune d’abbetante, Napole nne tene diece miliune!”
Inoltre a suo dire una volta che Napoli fosse divenuta la capitale (provvisoria) dell’Italia, si sarebbe tolto un valido motivo di propaganda ai borbonici.
Terminate le pubblicazione de Lo Diavolo Zuoppe e Pullecenella il 16 dicembre, Jaccarino continuò la sua intensa attività letteraria, dando alle stampe il poemetto in napoletano Conziglio de li menistre a Torino per ghiudecà Zi-Peppe Garibaldi, opera satirica a prova di mbomma, in tale operetta sono fustigati molti protagonisti della vita politica nazionale dell’epoca come Rattazzi, De Pretis, Sella, Petitti, Pepoli e Conforti. Sempre nel 1862 pubblicò La consorteria de’ morti del Palazzo Carignano, un altro saggio molto critico nei confronti dei politici della nuova Italia. Nel 1864, ad un anno dalla grande rivolta polacca, scrisse La Polonia revotata a la llengua de lo mandracchio, in tale opera espresse tutta la sua solidarietà e simpatia per il popolo polacco in lotta per la libertà e l’indipendenza.
Sempre nel corso del 1864, ovvero il 9 fevraro, tornò in edicola il Pullecenella, ancora una volta redatto integralmente in napoletano, fin dal primo numero esso fu contraddistinto da critiche feroci nei confronti dei politici, in particolare del consiglio del ministri, composto da: “puorce, ciucce, picciotte de sgarbe, zelluse acchiappa mosche, pagnottiste e maronicielle.” Nello stesso primo numero è presente un altro tema tipico di tutta la stampa napoletana di quegli anni convulsi, al di là delle idee della redazione dei vari giornali, ovvero si denuncia l’impoverimento di Napoli in favore di Torino. La nuova edizione del Pullicinella si interruppe il 29 marzo, per poi riprendere il 1° giugno del 1866 e cessare definitivamente il 18 agosto dello stesso anno.
Durante lo stesso anno Domenico Jaccarino tentò ancora la strada giornalistica fondando nuovi giornali: il dialettale Lo Borboneco e lo Liberale e il toscano I Repubblicani. Entrambi ebbero vita effimera.
Con il passare degli anni e lo stabilizzarsi dello stato unitario, Jaccarino tornò ad occuparsi di argomenti “più leggeri”. Nel 1875 pubblicò una “Galleria di costumi napoletani” verseggiati per musica; un gruppo di centocinquanta canzoni sui venditori e i mestieri napoletani. Da segnalare, tra i tanti lavori del grafomane napoletano, Il mondo buffo-comico-ridicolo raccolta di fatti e motti di spirito ed arguti, sali attici, satire ed epigrammi, raccolti in due volumi e divisi in professioni e posizioni sociali. A distanza di anni dalla loro pubblicazione, queste satire conservano intatte la loro freschezza.
Autore articolo: Vincenzo D’Amico, editore, bibliofilo, studioso di giornali napoletani di fine Ottocento