I gladiatori

I gladiatori raramente morivano negli scontri, erano trattati bene e non tutti erano schiavi.

Basterebbero queste poche informazioni per infrangere l’immagine che Hollywood ha costruito.

In effetti i gladiatori combattevano poche volte durante l’anno e, addirittura, se per un normale cittadino dell’Urbe la vita media era di ventisette anni, per un gladiatore era solo di poco inferiore, oscillava tra i diciotto ed i venticinque. E’ importante precisare che i combattimenti raramente terminavano col sangue. C’erano un arbitro e regole rigide da far rispettare anche perchè i gladiatori rappresentavano cospicui investimenti economici che non potevano essere dissipati facilmente.

La maggior parte dei gladiatori erano sì schiavi, per lo più condannati per varie tipologie di reati, ma molti furono coloro che volontariamente si prestarono per i giochi gladatorii, uomini liberi dunque, ex soldati e persino imperatori. Di solito erano proprio i combattenti volontari quelli ad assurgere alla maggior fama. Costoro stringevano accordi della durata quinquennale e si affidavano all’addestramento di allenatori specializzati. Di solito combattevano solo due o tre volte l’anno, e i loro scontri erano attesi come lo sono oggi le grandi partite di calcio.

Fino al 200 a.C. poi erano previsti anche combattimenti femminili, di solito contro nani. Così in un rilievo del British Museum di Alicarnasso compaiono due famosi gladiatori chiamati Achilia e Amazona; anche Tacito raccontò della predilezione di Nerone per la lotta tra donne.

Come tutti gli sportivi attuali, i gladiatori dovevano seguire una dieta speciale a base di proteine ​​per ottenere un corpo abbastanza forte da resistere alle ferite. Secondo un’analisi delle ossa di diversi combattenti ritrovati in una necropoli turca, contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, la dieta dei gladiatori romani era, per lo più, vegetariana. La loro dieta era basata sui cereali e conteneva pochissima carne, ma è probabile che in altre zone dell’Impero si assumessero più proteine animali, del resto c’è da dire che la carne era un vero lusso per la stragrande maggioranza della popolazione. L’esame delle ossa ha anche evidenziato che essi erano soliti bere bevande a base di ceneri vegetali.

I premi che si potevano ottenere eran tanti, dalla “semplice” gloria al denaro ed alla possibilità di ritornare liberi. Un caso straordinario fu quello del gladiatore Publio Ostorio di Pompei, un uomo libero che combatté e vinse in cinquantuno lotte. Ma al di là di tutto questo i giochi erano prima di tutto una cerimonia religiosa che richiedeva un rituale. La vigilia era un giorno sacro, con una solenne processione seguita da sacrifici propiziatori a cui partecipavano tutti i partecipanti. Il giorno seguente iniziava con una parata inaugurale che si concludeva nell’arena dell’anfiteatro col celebre saluto: Ave Cesare, morituri te salutant.

Come si diceva, nella stragrande maggioranza dei casi i gladiatori lasciavano l’arena sulle proprie gambe, la morte tutt’al più si verificava quando uno dei concorrenti si comportava in modo vile, per incidenti o successivamente per le ferite riportate.

Non pochi furono i gladiatori che ottennero fama e gloria nell’arena. Si può certamente iniziare col tracio Spartaco ed i suoi ribelli. Il gallo Crixus, anziutto, con Spartaco alla scuola di Lentulo Batiato di Capua, con lui fuggiasco, con lui rivoltoso nei dintorni di Napoli. Era stato fatto schiavo alcuni anni prima della rivolta, a seguito della sconfitta degli Allobrogi per cui combatteva. Morì sul  in Puglia, colpito da una lancia e decapitato, dopo aver ucciso almeno dieci legionari e centurioni dell’esercito di Lucio Gellio Publicola. E poi Enomao, l’altro grande capo della terza guerra servile. Anche lui proveniente dalla scuola capuana, cadde prima degli altri, forse già nell’inverno de 73 a.C., dopo dieci anni di carriera col viso deturpato da una profonda ferita al naso.

Marco Atilio, uomo libero che decise di diventare un gladiatore per cercare di pagare i debiti che lo stavano soffocando. Iscrizioni a Roma, come in Francia ed in Inghilterra, presentano anche il nome di Tetraiti. Queste immagini lo mostrano armato solo di spada, scudo e semplice capriata, ma null’altro si conosce di lui. La storia ci ha poi consegnato i nomi di Vero e Prisco, i primi gladiatori a combattere nel Colosseo: in quell’incontro rimasero in lotta per ore finché entrambi si arresero allo stesso tempo, mostrando reciproco rispetto. L’imperatore Tito concesse loro la libertà.

Spiculus, il preferito di Nerone, ricompensato con ricchezza, schiavi e palazzi; Carpoforo, specializzato nella lotta contro gli animali selvatici, divenne famoso per aver sconfitto un orso, un leone ed un leopardo nella stessa battaglia. Riuscì pure ad uccidere un rinoceronte con una lancia venendo osannato come Ercole; Mevia, altra donna, esperta nel combattere gli animali selvatici con una lancia.

Ma anche gli imperatori combatterono da gladiatori. Commodo, per esempio, con grande scandalo dell’aristocrazia romana. Egli raggiunse crudeltà inaudite in combattimenti manipolati a suo favore, con gladiatori feriti, animali morenti o disabili. Di Commodo la Storia Augusta riferisce: “Ebbe anche il titolo di Ercole romano, per aver ucciso delle fiere nell’anfiteatro a Lanuvio; aveva infatti anche quest’abitudine, di uccidere belve in patria… Volle anche guidare le quadriglie nel circo… Partecipò a combattimenti di gladiatori, e accetava di ricevere nomi di gladiatori con tale gioia quasi gl iavessero conferito titoli trionfali… Si dice che abbia preso parte a settecentotrentacinque combattimenti… Uccise di sua mano molte migliaia di fiere di diverse razze – tra cui abbatté anche degli elefanti. E queste imprese le compiva spesso davanti agli occhi del popolo romano… Tale era la forza di cui disponeva quando doveva abbattere le bestie feroci, che trafiggeva un elefante con una picca, e una volta trapassò con un’asta il corno di una gazzella; era poi in grado di uccidere molte migliaia di grosse fiere con un solpo ciascuna…”. Così anche quando il senato invocò la sua morte ritornò l’epiteto di gladiatore: “Le acclamazioni del senato dopo la morte di Commodo furono di tenore assai aspro: Al nemico della patria siano tolti gi onori, al parricida siano tolti gli onori, il parricida sia trascinato via. Il nemico della patria, il paricida, il gladiatore sia fatto a pezzi nello spogliatoio. Nemico degli dei, carnefice del senato: nemico degli dei, nemico del senato… Del gladiatore parricida sia cancellato il ricordo, del gladiatore parricida siano abbattute le statue…”. Finì pure ucciso da un gladiatore, anche se non nell’arena: fu strangolato nel bagno dal suo istruttore, il maestro Narcisso, coinvolto in una congiura.

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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