Entrata di Alfonso V a L’Aquila
Giovanni Antonio Summonte descrive l’entrata di Alfonso V d’Aragona a L’Aquila riportando le parole di Monsignor Cirillo.
Vi si scopre un re molto diverso da quello comunemente noto come “Magnanimo”, un re che distrugge ed incendia, un re che prende in ostaggio una donna, un re che teme tumulti e rifiuta gli onori della città passata alla sua fedeltà.
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Alfonso veduta la fuga di Renato seza por induggio si voltà ad espugnar le Città rimaste riducendole à sua divotione, & ad estinguer le reliquie della guerra, e correndo per lo Provincie tutte venne nell’apruzzo per ridur la Città dell’Aquila à sua divotione; se tenea l’Aquila per minacci, & ostinatione de partiali di Renato contra di lui, & egli venutovi con l’esercito in persona si presentò nel Contado, ove andorono all’bedieza sua i Popoli di S. Benedetto, e S. Pio, Colle Pietro, Navelli, e Barigiano, prese egli la’lloggiamento in S. Demetrio, ove fece prattica di ridurre alla divotione sua tutto il Contado, & il primo giorno d’Agosto del 1443. condusse tutte le sue genti à Fagnano, egli diede un’impetuoso assalto, col quale non havedo fatto effetto alcuno, ò per soverchio segno, ò come si fusse, mentre che alcuni deputati del Popolo pratticavan l’accordo, fece romper il muro da quella parte, ove il Castello non era guardato, e vi drizzò le genti, dove rimasero feriti, e morti molti, & havendo deliberato d’espugnarlo senza curarsi della perdita delle sue genti, lo combattè con tanta ostinatione, ch’al fine l’ottenne, e lo fece dar à sacco, & occisione, e poi porvi fuoco. Non si restava in tanto di pratticar strettamente l’accordo per la Città, la quale tenevan i Camponeschi per Renato, e vi s’aspettava d’hora in hora Nicolò Piccinino, ch’era con le sue genti in questo tempo in Foligno, della cui venuta si temeva; il Rè dopò d’haver distrutto Fagnano, non seguitò oltre, nè attese alle cose dell’Aquila, ma si ritirò in Capistrano, dove da un Giacomo di Tursona, che con due suoi figli s’era fuggito à lui, gli fu dimostrato, che la moglie di Antonuccio Caponesco si ritrovava con tutte le sue robbe in Tocco, e che quando havesse fatta prigione la donna con quei beni Antonuccio per rihaverla havrebbe oprato, che l’Aquila fusse ritornata a sua divotione; il Rè, a cui piacque il conseglio, andò ad accamparsi a Tocco, e subito l’ottenne insieme con la donna, e le robbe de Camponeschi, e ritiratosi in Value, gli furono da gli Aquilani mandati Ambasciatori, per pratticar l’accordo, ma Giacomo di Turfona, & Alberino di Roiano nemici a Caponeschi dissuasero al Re l’accordo, e gli diceano, che non dovesse capitulare co la Città accordo alcuno, imperoche, esclusi i Camponeschi, e quei de loro fattione havrebbe havuto la Città in poter suo, e dispostone a suo modo; Questo conseglio davano essi per lor disegno, perchè esclusi, che fussero i Camponeschi, havrebbono essi havuto il primo luogo fra Cittadini appresso il Re, co tutto ciò dopo molte pratiche inanzi, & indietro fu il dì 8 d’Agosto del medesimo anno conchiuso l’accordo, & Alfonso nell’Aquila entrò con quattromila cavalli, e duemila fanti, avendo per prima fatto da un Colonnello di due mila pedoni pigliar la piazza, e dal resto delle genti occupare tutti i Capi delle strade, e le piazze delle Chiese, e metter le guardie nel Palazzo, & inanzi le case de Camponeschi, e nel far riverenza alla Chiesa del Vescovato non volle sopra di lui Baldacchino, nè si combattesse secondo l’usanza sospettoso di qualche tumulto; Fatto ch’hebbe oratione nella Chiesa, rimontò a cavallo, e se ne passo fuor della Città per la porta Lauretana, no volendo habitare nella Città per molta instanza, che ne gli fusse fatta, che già non s’era perdonato a nissuna sorte di spesa, e di splendido apparato per honorarlo, e se n’andò ad alloggiar la notte in San Vittorino, havendo le sue genti tutte all’intorno; in questo modo hebbe il re Alfonso l’Aquila, non poco acquisto per il sicuro dominio del Regno