Gli Armeni a Napoli
La presenza degli Armeni a Napoli risale al momento della traslazione delle reliquie di San Gregorio Armeno in città.
La Chiesa di San Gregorio Armeno, situata nel centro storico e popolarmente conosciuta anche come Chiesa di Santa Patrizia, fu consacrata nel 1579 ma, con molta probabilità, la datazione della costruzione originaria risale all’VIII secolo e fu avviata quando nel luogo giunse un gruppo di monache basiliane, seguaci di Santa Patrizia di Costantinopoli.
Scarseggiano le fonti sulla vita di questa santa e le notizie si confondono con la leggenda. Sappiamo infatti che le monache, in fuga da Costantinopoli, si sarebbero stabilite a Napoli, dopo la morte di Patrizia portando con se le reliquie di San Gregorio, patriarca d’Armenia dal 257 al 331. Col tempo si susseguirono differenti ordini nel convento e, dal 4 dicembre del 1922, esso ospita le Suore Crocifisse Adoratrici dell’Eucarestia, ma le lontane origini sono vivissime. A suggellarle, l’11 aprile del 2015, nel centesimo anniversario del Genocidio degli Armeni, la “strage dimenticata” di circa un milione e mezzo di armeni da parte della Turchia Ottomana, una cerimonia religiosa concelebrata da Karekin II, Catholicos di tutti gli Armeni, Aram I, Catholicos della Grande Casa di Cilicia, e Nerses Bedros XIX, Patriarca di Cilicia degli armeni cattolici, insieme all’arcivescovo di Napoli, il Cardinale Crescenzio Sepe, ha festeggiato la restituzione della reliquia di San Gregorio alla venerazione dei fedeli. Essa è posta nella cappella intitolata al santo armeno, la terza del lato destro, dove si fanno apprezzare anche due tele del 1635: “San Gregorio gettato nel pozzo” e “Tiridate implora san Gregorio perché gli vengano restituite sembianze umane”. Affreschi di Francesco Fracanzano riempiono le lunette superiori ancora con immagini del santo.
La chiesa ha un sontuoso interno barocco con uno splendido soffitto dipinto dal fiammingo Teodoro di Enrico, affreschi di Luca Giordano sulla “Vita di San Gregorio” e ricchi organi affiancano il prezioso presbiterio con l’altare maggiore di marmo intarsiato.
Quel giorno del 2015, alla presenza del Presidente della Repubblica di Armenia, Serz Sargsyan, e degli ambasciatori armeni in Italia e presso la Santa Sede, è stata collocata una tipica stele in marmo rosa, intarsiata d’una croce, alta oltre due metri e pesante 1500 chili circa, un khachkar, che è una copia fedele di una identica, custodita in Armenia e risalente al lontano 1564.
A Napoli, in realtà, non c’è mai stata una vera comunità di Armeni, soprattutto i commercianti sono stati sempre di passaggio, mai residenti, come invece in altri centri della Penisola quali Livorno e Roma. Ad inizio anno in Campania si contavano appena ventisette armeni con cittadinanza italiana, di cui nove a Napoli. Nonostante questo, proprio San Gregorio ha creato un intenso legame tra la città e l’Armenia.
Dal 24 aprile 2006, il delegato di Pompei dell’Associazione Internazionale Regina Elena Onlus ha iniziato a commemorare il primo genocidio del Novecento, continuando negli anni con cerimonie, convegni, occasioni di incontro e scambi culturali, riallacciando il legame speciale creato nel settembre del 1920, quando a Pompei, il Beato Bartolo Longo, accolse un venerando superstite dell’Episcopato armeno, Mons. Giovanni Naslian (1875-1957), ultimo Vescovo di Trebisonda (27.08.1911 – 01.07.1928) ed Arcivescovo titolare di Tarso degli Armeni (01.07.1928 – 15.09.1957).
Autore articolo e foto: Rodolfo Armenio, Associazione Internazionale “Regina Elena”. In copertina: Il Khachkar di San Gregorio Armeno. Foto di Rodolfo Armenio