Il Romanico nel Sud Italia

Il romanico si diffonde nel Mezzogiorno medioevale fondendosi con la cultura bizantina, gli influssi arabi, elementi in continuità con la tradizione classica ed altri di respiro europeo. Questa straordinaria varietà di soluzioni trova numerose testimonianze di splendore, raffinatezza e maestosità. Parliamo di imprese imponenti e costosissime che coinvolsero centinaia di maestranze. Il linguaggio romanico, dunque, assunse carattere e declinazioni eterogenee come nell’Abbazia di Santa Sofia a Benevento, nella Rotonda di Nocera Superiore, nel Duomo di Ravello, di quello d’Amalfi e nell’Abbazia di Sant’Angelo in Formis, nell’Abbazia di San Salvatore Telesino, nelle chiese di Bari e Trani e nel Santuario di San Michele Arcangelo.

Il trionfo dei motivi greco-bizantini trova il suo gioiello in Calabria. In effetti la regione restò sempre legata all’impero di Bisanzio e vi confluirono, fuggendo sotto l’incalzare delle conquiste musulmane e l’intemperanza dell’iconoclastia, numerose comunità di monaci greci basiliani. A Stilo, sede dei monasteri basiliani in pieno Medioevo, la Cattolica è una affascinante costruzione in mattoni rossi con pianta a croce greca, lì dove in tutta Europa si diffonde l’impianto a croce latina. Presenta cinque cupolette celate da tamburi cilindrici in cui si determina un gioco di volumi curvi in una sostanziale forma cubica bizantineggiante.

Influssi bizantini si riscontrano anche nella Cattedrale di Gerace, il più grande edificio religioso della regione. Qui si seguì il rito greco fino al 1480. Situata su una rupe panoramica, fu fondata intorno al IX secolo da profughi locresi. Il maestoso interno, coperto da tetto a capriate, diviso in tre navate da colonne di spoglio provenienti dall’antica città di Locri e sormontate da archi, richiama la solennità delle basiliche antiche. Grandiose sono le absidi sporgenti posteriormente e notevolmente alte perché sovrastano la cripta di origine bizantina che racchiude grotte eremitiche e la bella cappella della Madonna Odigitria, detta “Dellitria“.

Cattedrale di Troia, particolare del rosone. Foto di Edoardo Spagnuolo

 

Questo singolare intreccio di motivi culturali, in Puglia, incontra persino influssi ritenuti dai più di origine pisana, forse figli degli scambi commerciali tra le città del Tavoliere e la repubblica marinara. Così la Cattedrale di Troia, sorta nel 1093 su iniziativa del Vescovo Girardo, mostra sulla ricca facciata una vivace decorazione con pietre di diverso colore ed, accanto a motivi bizantini e musulmani, lascia apprezzare arcature su lesene ornate da formelle, losanghe e oculi.

Questi tratti sono presenti anche a Manfredonia, nella Chiesa di Santa Maria Maggiore di Siponto, risalente al XI secolo. La piccola costruzione, a pianta quadrata di stile orientale, coperta da cupola e con due absidi, si apprezza per i ricchi intagli del portale con baldacchino e gli archetti alti e ciechi, contenenti eleganti disegni romboidali sul prospetto e sui fianchi.

Non finisce qui. In Basilicata, la Cattedrale di Acerenza, arroccata in splendida posizione panoramica sulla parte superiore della città, l’alta Acheruntia annidata di Orazio, presenta un particolare molto interessante. Parliamo delle cappellette radiali. La presenza di queste è un elemento raro in Italia, riscontrabile in numerose chiese francesi e probabilmente collegato ai pellegrinaggi. Le cappelle che si irradiavano nella zona absidale, sporgenti oltre il perimetro esterno, permettevano ai pellegrini, prima di partire, di sostare in preghiera davanti ad esse, dedicate, ciascuna, ad un santo diverso. E’ una caratteristica delle chiese di Saint-Sernin a Tolosa, di Saint-Foy di Conques e della Cattedrale di Santiago de Compostela, dove si percorre il “giro dei Corpi Santi”, inestimabile raccolta di reliquie.

Abbazia della Trinità di Venosa. Foto di Edoardo Spagnuolo

 

Pianta analoga ha l’Abbazia della Trinità di Venosa, uno dei monumenti più interessanti del Sud Italia, mai portato a termine. La presenza di monaci cluniacensi provenienti dalla Francia, guidati dall’abate Robert de Granmesnil, dovrebbe spiegare la presenza delle delle cappellette radiali. Originariamente essa era costituita da un edificio fondato dai Benedettini intorno al X secolo sopra un’antica chiesa paleocristiana, della quale rispettava approssimativamente l’impianto. Successivamente, verso il 1135, si dette inizio a un’altra costruzione alle spalle e in prosecuzione del perimetro della chiesa vecchia, con la probabile intenzione di unirli insieme dando luogo a una grande chiesa nuova. E’ documentata una serie di donazioni di importanti esponenti della corte normanna, a partire da Roberto il Guiscardo che intendeva farne un “pantheon” degli Altavilla. Nella chiesa vecchia, dunque, restano la tomba a baldacchino di Alberada di Buonalbergo, prima moglie del Guiscardo, ed il sepolcro degli Altavilla, nella navata destra, che raccoglieva le spoglie di Drogone, Umfredo e dello stesso Roberto il Guiscardo. Bonifacio VIII rimandò in Francia i cluniacensi e cedette il complesso all’Ordine di Malta che però abbandonò la costruzione.

 

Si conclude qui il viaggio nel romanico meridionale. Nella struttura delle piante, nella varietà delle facciate  e nella decorazione scolpita si manifesta la sua originalità. L’effetto complessivo è un connubio di monumentalità potente ed austerità misteriosa che ancora oggi comunica i caratteri peculiari, religiosi e sociali, di un’epoca lontana che lasciò poi il posto alle magnifiche cattedrali gotiche.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

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