La Dogana di Foggia, i tratturi e la transumanza nel Regno di Napoli
I tratturi sono i segni ancora visibili dell’importanza della transumanza e del mercato laniero nel Regno di Napoli che avevano come centro Foggia.
Da millenni la Puglia è teatro di spostamenti stagionali di greggi, mandrie e pastori, conosciuti come transumanza. L’origine di questa pratica è legata alla struttura climatica ed a quella morfologica comune a tutta la regione mediterranea, caratterizzata da pianure costiere verdeggianti anche in inverno ed aride in estate e dall’entroterra montano capace, nella stagione più calda, di sopperire con i suoi pascoli alla scarsità di foraggio delle basse terre bruciate dal sole.
Le lunghe vie erbose, teatro della transumanza, presero il nome di tratturi, una parola che compare già alla fine del IV secolo in un codice dell’epoca di Teodosio, che indica nei tractoria le pubblicae calles per l’accesso ai pascoli. Questi percorsi erano battuti due volte l’anno: in autunno, per svernare nel Tavoliere, ed in primavera, per trovare refrigerio sui freschi pascoli abruzzesi.
Il fenomeno coinvolgeva l’Abruzzo, la Puglia, zone della Calabria. Anche in Molise, tra le valli del Sangro e del Trigno, la terra è solcata da antichi tratturi che corrono perpendicolarmente ai due fiumi unendo la Puglia all’Abruzzo, in un territorio morbido di pascoli e boschi, costellato qua e là di borghi medievali. Un itinerario che ancora oggi si snoda in un territorio ancora sostanzialmente inalterato in cui non è raro scorgere masserie e casali, sorgenti e corsi d’acqua. Qui il fenomeno coinvolgeva piccole e piccolissime comunità e le rendeva partecipi del sistema economico del Regno di Napoli: nel XVI secolo, Spinete, per esempio, portava coi propri pastori fino a 30.000 animali l’anno in Puglia; nel Seicento, Cercemaggiore più di 20.000 capi di ovini; Roccamandolfi, ancora nel 1790, portava 70.000 pecore (P. Di Cicco, Il Molise e la Transumanza, 1997).
La vendita della lana grezza era diffusa sin dalle epoche remote, essa crebbe nei volumi e consentì di sviluppare una rete di scambi che travalicava i confini regionali e statali. Già i sovrani normanni regolamentarono l’accesso ai pascoli pugliesi, consapevoli dell’enorme vantaggio economico che si poteva trarre dagli introiti per gli spostamenti d’animali, ma fu con gli aragonesi che le cose cambiarono notevolmente. Scrive Fernand Braudel (Il Mediterraneo, 2002): “…il Re di Napoli disseminava di trappole il percorso della gigantesca transumanza che scende dall’Abruzzo al Tavoliere delle Puglie, e impose d’autorità il primato esclusivo del mercato di Foggia, dove dovrà obbligatoriamente essere venduta la lana. Almeno sulla carta ha predisposto tutto a proprio vantaggio, ma quando è il caso proprietari e pastori si sanno difendere”. Nel 1443, Alfonso d’Aragona regolamentò e rese obbligatorio lo spostamento delle greggi nel Tavoliere, in pascoli messi a disposizione dalla Regia Corte, e elaborò una completa riorganizzazione dell’economia pastorale attorno alla Regia Dogana della Mena delle Pecore, istituzione deputata all’esazione della “fida”, ovvero di quanto doveva essere pagato per il diritto d’uso dei pascoli e di una seconda tassa legata al numero ed al tipo di animali. In cambio la Dogana riconosceva ai pastori numerosi privilegi, fra cui anche uno status giuridico che li escludeva dalla giustizia ordinaria. Tale economia coinvolgeva ogni strato sociale perché proprietari di armenti erano i nobili, i proprietari di masserie, chiese e monasteri, ciò può lasciarci immaginare le ricadute sociali anche perché l’abbondante produzione di lana determinò poi la nascita di manifatture per la lavorazione della materia prima lungo molti dei corsi d’acqua prossimi ai tratturi. Anche nel lavoro della Dogana erano coinvolte parecchie unità (J. A. Marino, L’economia pastorale nel Regno di Napoli, 1992). La struttura, per i primi anni sita a Lucera, poi spostata a Foggia a Largo Pozzo Rotondo fino al terremoto del 1731 e successivamente in quello che ancora oggi è chiamato Palazzo Dogana, aveva numerosi funzionari dediti alla riscossione ed alla contabilità, a capo aveva un doganiere di nomina vicereale che, assieme ad un giudice uditore e ad un credenziere che controllava l’assegnazione dei pascoli e la riscossione della fida, costituiva il Tribunale della Dogana, l’organismo atto a dirimere le controversie della transumanza. Figure importanti erano poi i compassatori, dediti alla misurazione dei terreni da concedere, ed i pesatori di lana che avevano il compito di pesare ed immagazzinare le lane nei fondaci di Foggia (R. Rossi, La Lana nel Regno di Napoli nel XVII secolo. Produzione e commercio, 2007).
Proprio i registri dei Pesatori di Lana, redatti dalle “paranze” di L’Aquila, Sulmona e Castel di Sangro, le uniche esistenti per antico privilegio, costituiscono ancora oggi la fonte principale per lo studio della produzione laniera nel regno e sono oggi conservati presso l’Archivio di Stato di Foggia. Nel tentativo di sintetizzare la storia del mercato della lana nel regno ci rivolgiamo a quanto scritto da Roberto Rossi in Il mercato laniero nel Regno di Napoli durante il Viceregno austriaco. Persistenze e mutamenti (S. Russo e N. Guasti, a cura di, Il Viceregno austriaco (1707-1734). Tra capitale e province, 2010): “La lana era stata per quasi tutto il Medioevo e per buona parte dell’età moderna un autentico volano per lo sviluppo economico di numerosi paesi europei. Non di meno aveva esercitato una funzione indispensabile per il Regno di Napoli che, dopo Spagna e Inghilterra, si poneva tra i maggiori produttori di tale materia prima… la produzione di lana napoletana subì un brusco rallentamento a partire dall’ultimo ventennio del XVI secolo, che si tramutò in vera e propria crisi con il passaggio al secolo successivo. Le cause di questa crisi possono essere ricercate nella partecipazione in termini finanziari del Regno di Napoli alla guerra nelle Fiandre, e più in generale alla politica di potenza portata avanti dalla Spagna, che comportò un drastico inasprimento fiscale ed una conseguente depressione economica nel Regno… Alla fine del XVII secolo si può dire che la produzione laniera napoletana avesse superato gli effetti della crisi economica, tornando a livelli di produzione che, seppure non raggiungendo gli stessi volumi registrati tra la fine del XV e la metà del XVI secolo, permisero la sopravvivenza di un settore economico fondamentale”.
Oggi, pastori continuano a praticare la transumanza sia nell’alto Molise sia in comuni del Matese come di Roccamondolfi e Castelpizzuto che hanno i loro territori interamente montuosi (R. Andreassi, P. Di Paolo, M. Federico, E. Iosue, a cura di, Itinerari del Tratturo, 2011). Il fenomeno però si è andato estinguendo e parecchi dei grandi tratturi sono stati riscoperti e valorizzati dagli appassionati di trekking.
Autore articolo: Angelo D’Ambra
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