Memorie della Grande Guerra: Caporetto, la sconfitta ed il risveglio

Spesso, quando si parla di Caporetto, il discorso verte sulle cause e sulle immediate conseguenze della disfatta: la totale disorganizzazione dell’esercito italiano, fra l’inettitudine dei vertici e l’impreparazione della truppa, e le decine di migliaia di morti e feriti, senza considerare i numeri di prigionieri e sbandati.

Su tutti questi argomenti tanto si è scritto e tanto si scriverà, giustamente, ma forse è necessaria un’analisi più approfondita di ciò che di straordinario accadde dopo la ritirata, ovvero la nascita di una coesione patriottica che mai si era manifestata prima e che, dopo quel momento, poche volte sarebbe riemersa.

Facciamo un passo indietro. Durante la notte del 24 ottobre 1917, sull’alto Isonzo, dove ormai si combatte da più di due anni con scarsi risultati, un’offensiva austro-tedesca sfonda la linea italiana nei pressi di Caporetto, penetrando in profondità nel territorio, arrivando in due settimane a poche decine di chilometri da Venezia. Sul Piave, però, accade qualcosa che difficilmente si sarebbe potuto immaginare avendo in mente la rotta di qualche giorno prima: la ritirata italiana si arresta, il Regio Esercito riesce ad arginare l’avanzata nemica.

Lo storico Stuart Hughes scrisse: “In simili circostanze, e mancando quasi totalmente qualsiasi forma di disciplina, è incredibile come il comando militare italiano sia riuscito a salvare anche minimamente la situazione”.

Tra i vari motivi di questa insperata resistenza bisogna considerare fondamentale lo spostamento del fronte, che non soltanto si era accorciato, consentendo quindi un minore sforzo da parte gli uomini in prima linea, ma soprattutto aveva reso il conflitto una guerra difensiva, stimolando le truppe a combattere per riprendere pezzi del proprio territorio con una convinzione fino ad allora sconosciuta.

Inoltre, cambiarono i vertici dell’esercito. Il capo di Stato maggiore Luigi Cadorna, che aveva attribuito la disfatta di Caporetto alla “mancata resistenza di reparti della 2ª armata, vilmente ritiratisi senza combattere e ignominiosamente arresisi al nemico”, venne sostituito da Armando Diaz, che ristabilì con più contezza le funzioni dei quadri militari e abbandonò, almeno in parte, la severità del predecessore nei confronti dei reparti, per esempio migliorando il vitto e aumentando le licenze. Così l’esercito italiano, grazie anche all’aiuto delle forze dell’Intesa e alla crisi delle Potenze Centrali, rinserrò i ranghi e, un anno dopo, travolse gli austriaci nella battaglia di Vittorio Veneto.

In ultimo non dimentichiamo che, poco dopo Caporetto, il primo ministro Luigi Boselli, che aveva sempre riposto una grande fiducia in Cadorna, era stato sostituito da Vittorio Emanuele Orlando, sotto il cui governo le formazioni politiche trovarono una maggiore stabilità, per lo meno sino alla fine della guerra.

Insomma, Caporetto fu sì una disastrosa sconfitta, ma allo stesso tempo creò le condizioni per la vittoria finale, motivando non solo l’esercito, ma anche la popolazione che, dopo un periodo turbolento segnato da vari moti antimilitaristi, decise di stringere i denti per far fronte al nemico.

A sintetizzare e cristallizzare queste riflessioni ci aveva già pensato un grande intellettuale dell’epoca, Giuseppe Prezzolini: “Gli italiani cominciarono a riflettere e a capire: il più grave colpo non il nemico ce lo inferse ma i nostri; l’avversario più pericoloso non è quello che sta fuori ma quello che abbiamo in casa; non sono austriaci e tedeschi da temere, ma italiani; non i generali loro da vincere, ma i nostri; non i politici di là ma questi di qua; non le loro virtù ma i nostri difetti. Ciò che devo temere è l’italiano disordinato, ignorante, senza puntualità, mentalmente vecchio, retorico nella letteratura, borioso quando è fortunato e fiacco nelle disgrazie, autoritario se domina e servile se perde, con il suo essere sempre spezzato in due, fra la sua intelligenza, così viva ed immediata, e il suo scetticismo, che gli fa da visiera alle azioni lontane”.

 

 

 

 

Autore articolo: Matteo Cirillo

Bibliografia: Alessandro Barbero, Caporetto, Roma-Bari, Laterza 2017; Giuseppe Prezzolini, Dopo Caporetto Vittorio Veneto, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2015; Giovanni Sabbatucci e Vittorio Vidotto, Storia contemporanea. Il Novecento, Roma-Bari, Laterza 2002; Henry Stuart Hughes, Storia dell’Europa contemporanea, Rizzoli, Milano 1973

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