La prima guerra anglo-afghana
L’assedio di Ghazni si consumò in un attacco frontale all’alba del 23 luglio 1839. Lo scontro, nell’ambito della prima guerra anglo-afghana, vide sul suolo dell’Afghanistan, i britannici del generale John Keane, sostenuti dai sikh e da esuli afghani, sconfiggere le truppe di Dost Muhammad della dinastia dei Barakzai, che aveva soppiantato Shuja Durrani ed era diventato emiro di Kabul. Quel successo pose le basi perché gli inglesi insediassero il governo fantoccio di Shuja Durrani.
- Contesto politico
Nel 1837, temendo una invasione russa attraverso i passi di Khyber e Bolan, i britannici chiesero all’emiro Dost Muhammad un’alleanza. La minaccia della Russia era esagerata date le distanze, le barriere montuose e i problemi logistici che un’invasione avrebbe dovuto risolvere, ma le critiche in seno alla società britannica non ebbero ascolto. Dost Muhammad pose come condizione dell’alleanza di ricevere un aiuto militare per conquistare Peshawar che i sikh gli avevano portato via nel 1834. Gli inglesi rifiutarono ogni accordo su quel punto e l’emiro si rivolse ai russi. Lord George Eden, conte di Auckland e governatore generale dell’India, proclamò allora Dost Muhammad nemico, nel frattempo però i negoziati tra afghani e russi si arenarono. La Russia, infatti, aveva stretto amicizia coi persiani e li supportò nell’attaccò alla città di Herat, che dal 1750 era in mano agli afghani. Ciò non bastò a fermare Lord Auckland che pensò di approfittare della debolezza dell’Afghanistan per deporre lo shah Dost Mahmoud e rimettere sul trono il tiranno che era stato deposto: Shuja Durrani.
Durrani, era divenuto emiro dell’Afghanistan facendo accecare il suo fratellastro Zaman e accordandosi col nemico, la potente tribù Barakzai. Dopo la morte di suo padre Timur, della dinastia dei Sadozai, nel 1793, c’erano state lunghe lotte tra i ventitre figli per la successione al trono. Le tradizioni afghane prevedevano che un cieco non potesse divenire sovrano, così, facendo accecare il suo fratellastro pensò di aver trionfato e, da governatore di Herat e Peshawar, si proclamò emiro col supporto del khan Fatteh, figlio del khan Sardar Payenda, antico alleato di Timur. Restava a dargli filo da torcere Dost Mahmoud, fratello di Fatteh. Questi uccise il khan e spodestò Durrani, facendolo scappare in esilio nel Punjab e passò a controllare Herat, Ghazni, Kabul e così l’intero territorio. Durrani, invece, fu catturato dai sikh ed ottenne la liberazione cedendo in cambio il prezioso diamante Koh-i-Noor al maharaja Ranjit Singh. Tempo dopo, con la promessa di cedere Peshawar ai sikh, armò un esercito di ben ventiduemila uomini e tentò di riprendersi l’Afghanistan. Fu sconfitto a Kandahar, mentre l’alleato si prese Peshawar.
- La prima guerra anglo-afghana
Per destituire Dost Muhammad gli inglesi fecero marciare due divisioni dell’Armata del Bengala, guidate da Sir Harry Fane, ed una, la “Bombay Army”, comandata da Sir John Keane. Quest’ultima, forte di 6.000 uomini, si sarebbe mossa via mare, risalendo l’Indo per poi unirsi a Fane che, invece, con 9.500 uomini, verso Quetta, puntando poi su Kandahar e Ghazni, con una sola divisione, lasciando l’altra di riserva in territorio indiano. Fane era accompagnato da 6.000 uomini, perlopiù esuli, guidati da Shuja Durrani. Alle operazioni si unirono le armate sikh di maharaja Ranjit Singh che entrarono in Afghanistan dal Khyber Pass. All’ultimo, Sir Harry Fane si rifiutò di prendere parte all’invasione perché, come detto, il pretesto per l’invasione dell’Afghanistan non c’era più, e così il comando della forza d’invasione passò a Sir John Keane.
Quando le forze indo-britanniche si ritrovarono a Quetta, stavano patendo la fame, i rifornimenti erano saltati per il lungo tragitto, i cavalli morivano e gli attacchi di alcune tribù a Kalat, in Belucistan, erano insostenibili. Sir John Keane proseguì attraverso i passi Bolan e Kojuk, raggiungendo Kandahar il 4 maggio 1839 e trovandola sguarnita. Puntò così su Ghazni.
- L’attacco a Ghazni
La città fortificata di Ghazni si affaccia su una pianura che conduce verso est nel Khyber Pakhtunkhwa. Era la chiave del sistema viario, uno snodo fondamentale perché Kabul cadesse. La guarnigione lì insediata era diretta da Hyder, quarto figlio di Dost Mohammed. La carenza di rifornimenti e materiale d’assedio, però, rese impossibile agli inglesi un assedio formale e bisognò attaccare frontalmente. Gli uomini di Keane arrivarono davanti alle mura della città il 21 luglio. Prigionieri rivelarono all’ingegnere capo, il colonnello Thompson, che Porta Kabul, la porta a nord, era l’unica a non essere stata chiusa con rocce e detriti e che essa non era adeguatamente sorvegliata. Chiaramente fu lì che Keane manovrò. Durrani si accampò a poche miglia di distanza per tenere a bada eventuali soccorsi. In effetti, il 22 luglio 1839, migliaia di membri della tribù ghilji attaccarono il contingente di Shuja Durrani ma furono respinti.
Nascosti dal forte vento polveroso, e protetti dalle artiglierie, le compagnie leggere del 2°, 13° e 17° Foot ed il 1st Bengal Fusiliers del tenente colonnello William H. Dennie, seguite dalla fanteria di linea al comando del brigadiere Sale, si avvicinarono. I genieri e i zappatori del capitano Peat s’approssimarono alla porta, subendo il fuoco delle sentinelle. Keane rispose con le artiglierie ed il bombardamento della città protesse le operazioni dei zappatori che riuscirono a piazzare dei sacchetti di polvere davanti alla porta, innescando la miccia e facendo esplodere tutto. Dennie lanciò i suoi ad un selvaggio corpo a corpo. Sale lo seguì. Riuscirono a farsi strada nella città. Le forze britanniche subirono 200 uomini uccisi e feriti mentre gli afghani persero quasi 500 uomini e 1.600 prigionieri presi, con un numero imprecisato di feriti. Anche Hyder fu catturato.
- La rivolta popolare anti-britannica
Keane, divenuto barone di Ghazni, lasciò una piccola guarnigione e proseguì verso Kabul, ma ormai Dost Muhammad si convinse che era tempo d’arrendersi. Propose ai britannici di accettare Shuja come suo signore e diventarne visir, ma i britannici gli proposero l’esilio. Non gli restò che fuggire, mentre Durrani prendeva il suo posto come nuovo sovrano dell’Afghanistan, graziando Hyder, ma avviando subito una serie di sanguinose rappresaglie e brutali massacri contro la sua stessa gente, rea di averlo deposto.
A ridurre ulteriormente il consenso attorno a Durrani accadde che William Hay MacNaghten della Compagnia delle Indie Orientali permise ai suoi soldati di portare lì le loro famiglie e ciò apparve agli occhi degli afghanistani come una vera e propria opera di popolamento imperiale del paese, in più generò una pioggia di scandali col confronto tra costumi sessuali così diversi.
Il consenso dei capi tribali fu ottenuto pagando loro dei tributi in rupie sonanti. Quando, però, Muhammad Ali Pascià, wali d’Egitto, si ribellò ai turchi, alleandosi con i francesi, l’importanza dell’Afghanistan come stato cuscinetto tra Gran Bretagna e Russia scemò. Gli inglesi iniziarono a lasciare il paese, le truppe si dimezzarono, uscirono da Kabul, acquartierandosi prima nella fortezza di Bala Hissar, la cittadella di Kabul, poi in un accampamento esterno in un sito basso, paludoso e circondato da colline su ogni lato. Non vedevano pericoli. A guidare i soldati c’era il generale George Keith Ephinstone, che arrivò nell’aprile 1841, un uomo costretto spesso a letto da gotta e reumatismi.
I sintomi che la situazione non fosse affatto tranquilla iniziarono a venire dalle montagne dell’Hindu Kush e poi si estesero a tutte le tribù, appena Londra cessò loro di pagare tributi. Il malcontento crebbe anche a corte e una rivolta popolare si evolse in una vera e propria insurrezione guidata dal figlio di Dost Mohammad, Muhammad Akbar Khan. La scintilla scoppiò quando una schiava del capo pashtun Abdullah Khan Achakzai fuggì nella casa del secondo ufficiale politico della Compagnia delle Indie Orientali, Sir Alexander “Sekundar” Burnes, che si rifiutò di riconsegnarla al padrone. Era il 2 novembre 1841, primo giorno di Ramadan e i capi pashtun lanciarono un appello alla jihad dalla moschea Pul-i-khisti di Kabul. La folla fece irruzione nella casa di Burnes e fece a pezzi lui e la sua famiglia, poi fu presa d’assalto la postazione britannica. A guidare la ribellione c’era Muhammad Akbar, i cui uomini, il 23 dicembre, catturarono MacNaghten e lo uccisero, esponendo il suo cadavere al pubblico ludibrio.
Le forze afghane costrinsero il generale Sir William Elphinstone a ritirarsi completamente dal Paese consegnando loro le riserve dei polvere da sparo e le artiglierie. Il 6 gennaio 1842, la guarnigione di Kabul, 12.000 civili, 690 soldati britannici e 2.840 indiani, marciò fuori città con la promessa che le sarebbe stato permesso di ritirarsi in India in sicurezza con cibo e scorta. La promessa venne meno e la colonna inglese venne ripetutamente attaccata, decimata dai guerrieri tribali e dal freddo, sotto gli occhi di Akbar Khan. Solo poche truppe fuggirono al massacro finale al Passo Gandamak. La maggior parte dei sepoy indiani furono uccisi, diverse centinaia finirono vendute nei mercati di schiavi, le donne presero in marito i loro rapitori e i bambini furono adottati da famiglie afghane. Lo stesso Elphinstone fu fatto prigioniero e mai più liberato. Le forze di Akbar Khan assediarono poi gli altri contingenti britannici a Kandahar, a Ghazni ed a Jalalabad.
- La missione punitiva inglese ed il ritorno di Dost Mohammad
Shuja Durrani era stato assassinato, il paese era in mano alle tribù in sommossa.
Edward Law, conte di Ellenborough, che aveva sostituito Lord Auckland, affidò il comando di una spedizione punitiva al generale George Pollock. Essa giunse prima a Jalalabad, dove il generale Sale aveva appena respinto gli assedianti afghani in uno scontro in cui era morto Dennie, poi si diresse a Kabul. Gli inglesi furono spietati, si vendicarono delle loro sconfitte sui civili afghani, radendo al suolo villaggi, uccidendo uomini e violentando donne. Kabul fu conquistata a settembre.
Il successo inglese, però, fu un effimero bagno di sangue. L’Afghanistan si era rivelato un paese ostico ed ora urgeva qualcuno che sapesse come governarlo. Dost Mohammad riapparve allora vittorioso. Aveva cercato l’aiuto dell’emiro di Bukhara che invece lo aveva fatto prigioniero. Era sfuggito alle sue grinfie e, portatosi nel Sud dell’Afghanistan, era riuscito a ricostruire un esercito, il 3 novembre 1840 si era però arrendersi scoprendosi senza alcuna prospettiva. Fu relegato in esilio a Mussorie, in India. Opportunamente liberato, ristabilì la sua autorità, stavolta col benestare britannico.
Sebbene, nel 1846, si unì ai sikh del Punjab contro gli inglesi, la sconfitta degli alleati, lo riportò alla pace. Pochi anni dopo stipulò un accordo militare col governo britannico in virtù del quale mosse guerra alla Persia ottenendo la provincia di Herat, mentre gli inglesi usufruirono della sua neutralità durante la ribellione indiana del 1857.
Autore articolo: Angelo D’Ambra
Bibliografia: M. Ewans, Afghanistan: A Short History of Its People and Politics; J. Perry, Arrogant Armies; R. Macrory, The First Afghan War 1839–42: Invasion, catastrophe and retreat; W. K. Fraser-Tytler, Afghanistan: A Study of Political Development in Central Asia; V. Gregorian, The Emergence of Modern Afghanistan; P. Hopkirk, Il Grande Gioco. I servizi segreti in Asia centrale