L’importo complessivo potenzialmente ricavabile dalla vendita di frumento, mais, carne porcina e vino è quindi di 9749:23 ducati correnti.
È possibile ricavare un ordine di grandezza in valuta moderna per questa cifra? Forse sì.
Andrea Zannini, nel suo L’economia veneta nel Seicento, ci dice che nel quinquennio 1737/41 lo stipendio giornaliero di un manovale nella città di Venezia era di circa 38 Soldi. Di conseguenza, con quei 9749:23 ducati potevano essere pagate 31816 giornate lavorative.
Prima dell’invenzione della luce elettrica erano lavorative tutte le ore di luce, ma la durata della giornata lavorativa variava a seconda della maggiore o minore durata del giorno. Guido Ercole, nel suo Venezia ‘800: bufera in Arsenale, riporta una tabella con gli orari di entrata, uscita e pausa per gli arsenalotti.
Lo studio di questo documento da una durata media nel corso dell’anno pari a 9,5 ore.
Utilizzando questo valore ricavo che quelle 31816 giornate corrispondono a 302252 ore di lavoro.
Nel 2020, conteggiando un voucher a 9€, quelle 302252 ore generano un controvalore di 2720268€
Decisamente un bel mucchio di soldi!!
Nota Metrologica
La valuta della Repubblica di Venezia era la lira veneta, nome completo Lira Veneta di Piccoli, divisa in 20 soldi da 12 piccoli o bagatini, la contabilità invece si teneva in ducati correnti, moneta di conto divisa in 24 grossi.
Il tasso di cambio tra lira veneta, reale e ducato corrente era fissato in 31:5, cioè 31 lire corrispondevano a 5 ducati correnti.
Il ducato d’argento effettivo era una moneta della repubblica il cui valore a partire dal 1733 è stato stabilizzato a 8 lire venete.
Nonostante questo nella redazione dei contratti il ducato d’argento effettivo veniva computato come suddiviso il 24 grossi immaginari.
Gli autori moderni per praticità esprimono gli importi non in notazione L:S:D ma decimalizzati. Nella repubblica gli aridi si vendevano non a peso bensì a volume. L’unità di misura variava da zona a zona, nel padovano era il moggio, corrispondente a 347,8 litri moderni, diviso in 12 staja, nel bresciano la soma da 145,92 litri. I liquidi nel padovano si vedevano a mastelli da 8 secchi, 1 mastello = 71,27 litri, nella città di Venezia in anfore da 8 mastelli, 1 anfora = 600,94 litri. Carne e formaggio si vendevano a peso, nel padovano l’unità di misura era la libbra grossa da 0,486 kg moderni, nel veronese sempre la libbra grossa, ma da 0,499 kg.
Autore articolo: Enrico Pizzo
Bibliografia: Andrea Zannini, “L’economia veneta nel Seicento”, 1996; Angelo Martini, “Manuale di Metrologia”, 1883;Carmelo Ferlito, “Per un’analisi del costo della vita nella Verona del Settecento”, 2006;Gasparo Patriarchi, “Vocabolario Veneziano e Padovano co’ termini e modi corrispondenti Toscani”, 1821;Giuseppe Boerio, “Dizionario del Dialetto Veneziano”, 1867;Guido Ercole, “Venezia ‘800: bufera in Arsenale”, 2016;Mauro Vigato, “Castelfranco: società, ambiente, economia dalle fonti fiscali di una podestaria trevigiana tra XV e XVI secolo”, 2001; Renato Grandis et alii, “Terra disegnata”, 2017; Renato Ponzin, “Un colle due campanili”, 2005; Ricardo Caimmi, “Spedizioni navali della Repubblica di Venezia alla fine del Settecento”, 2018; Vittorio Piva, “Manuale di Metrologia delle tre Venezie e della Lombardia “, 1935