Ariosto: le donne, i cavalier, l'arme e gli amori

Nato a Reggio Emilia, nel 1474, Ludovico Ariosto è per tutti il poeta di Ferrara, non solo perché trascorse qui gran parte della sua vita, al servizio degli Estensi, ma soprattutto perchè proprio la corte di Ferrara aveva già una lunga tradizione di poemi cavallereschi. L’Ariosto, infatti, prende le mosse dall’Orlando Innamorato del Boiardo, devoto cortigiano degli Estensi, per realizzare un capolavoro in libera ed elegante fantasia.
Luigi Alamanni nel Girone il Cortese, un rifacimento in ottava rima di un romanzo francese in prosa, e nell’Avarchide, immagine di una Bourges assediata sulla quale l’autore costruisce la stessa orditura di episodi dell’Iliade, furono degli anonimi tentativi italiani di redigere un poema epico. Miglior fortuna ebbe Luigi Pulci che, in un lungo poema in ottava rima, il Morgante Maggiore, cantò le avventure di Orlando e del gigante Morgante. Per i primi ventitré canti, il Pulci s’ispirò ad un poema d’autore ignoto del Trecento nel quale si narravano imprese ed avventure di Orlando e di altri baroni, per il resto si servì di alcune versioni italiane del poema Spagna. Trattò il suo soggetto alla maniera dei cantori popolari e riuscì più piacevole perchè i suoi cavalieri spesso dimenticavano la dignità di eroi. Eguali caratteri tenne suo fratello Luca nel poema Ciriffo Calvaneo, ma non raggiunse la stessa fortuna, affiancandosi ad altri esperimenti fiacchi come il Mambriano di Francesco Bello, detto il Cieco da Ferrara, e l’Amadagi di Bernardo Tasso, ispirato al romanzo iberico Amadis de Gaula. Superò tutti in fama l’Orlando Innamorato di Matteo Maria Boiardo di Scandiano.
Questo poema in ottava rima è diviso in tre parti, la prima di ventinove canti, la seconda di trentuno e la terza, incompleta, di nove. In questo poema troviamo fusi i due principali cicli dell’epopea cavalleresca, quello carolingio e quello bretone. L’intelaiatura è ricavata dai poemi francesi, gli episodi sono invece tratti dal mondo bretone. Il fatto nuovo è questo innamoramento di Orlando, fino ad allora rappresentato come puro e incorrotto, inaccessibile ad ogni sentimento che non fosse di valore guerresco e pietà cristiana. Il Boiardo, oltretutto, non seguì lo stile popolaresco dei suoi connazionali, ma trattò questa narrazione con uno stile volutamente alto. Non raggiunse però la raffinatezza – né l’importanza – dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto.
Composto in ottava rima, comprende quaranta canti a cui, successivamente, l’autore ne aggiunse altri sei. Angelica, figlia di Galfrone, gran can del Catai, dopo una battaglia sfavorevole ai cristiani, fugge dal campo di Carlo Magno, dove era stata condotta da Orlando. Rinaldo, di lei innamorato, la insegue, ma si scontra con Ferraù, che la ama anch’egli. Mentre i due si battono, la donna fugge e incontra Sacripante, re di Circassia, che vorrebbe essere amato da lei e che finisce col proteggerla, ma poi, sfidato da Bradamante, sorella di Rinaldo, è disarcionato. Rinaldo, intanto, va in Inghilterra per cercare aiuti per il suo re. Bradamante, col favore della maga Melissa, va in cerca dell’amato Ruggiero e lo libera dal castello incantato dove era stato rinchiuso dal mago Atlante e dalle seduzioni della strega Alcina. Angelica in Ebuda sta per essere divorata da un’orca, ma Ruggiero la salva e se ne innamora, ma la donna gli sfugge usando un anello incantato. I saraceni intanto stringono d’assedio Parigi e Rodomonte, entrato in città, fa strage di gente. Orlando è assente perchè è in cerca di Angelica e, in una selva nelle vicinanze di Parigi, apprende tramite le parole incise su un sasso e poi da un pastore, che la donna si è lasciata amare da un guerriero che aveva trovato ferito nel bosco. Orlando allora impazzisce. Astolfo sale sull’ippogrifo sino alla luna per cercare il senno perso dal suo amico. Lo trova e ritorna sulla terra. Orlando aspira il senno contenuto in una fiala e rinsavisce. Guarito, uccide Agramante e Gradasso, i potenti musulmani. Ruggero, fattosi cristiano, è proclamato re dei bulgari e sposa Bradamante. Da questa unione l’autore fa discendere gli Estensi. Mentre si celebrano le nozze sopraggiunge Rodomonte. Ruggiero lo affronta e lo uccide.
Gran parte di questi fatti appartengono a poemi e romanzi anteriori, soprattutto a quello del Boiardo, ma anche alle avventure di Tristano del Roman de Bret e dal citato mambriano. Il pregio dell’opera dell’Ariosto è quello di aver saputo trattare questa materia con una forma altamente poetica, l’averla nobilitata con l’impitazione degli antichi classici. Ariosto è in effetti il più classico tra i poeti romanzeschi, riuscì nella perfetta imitazione del vero, nel felice innesto del finto sul vero, nella costruzione di caratteri ben definiti, nel saper destare nel lettore sensazioni e a volte anche umorismo.
Interessantissimo è il tema della pazzia di Orlando. Col paladino che impazzisce, l’Ariosto riduce entro limiti il concetto d’amore attorno al quale invece, negli anni del primo Cinquecento, erano state erette idealizzazioni lontane dalla realtà della psicologia umana, ma accettate dalal cultura del tempo. Ariosto diviene così un critico della società del suo tempo, ne condanna gl ieccessi e ne mostra l’astrattezza. Questo è il senso della pazzia di Orlando e analogo ad esso è il significato del viaggio di Astolfo sulla Luna per recuperare il suo senno. Sulla Luna, infatti, il cavaliere trova il senno di tutti come se la Terra fosse il teatro solo delle vanità per le quali faticano i mortali. La Luna accoglie l’intelligenza che l’umanità spreca idoleggiando ricchezze che non danno felicità, la bellezza passeggera di una donna, l’adulazione dei potenti. La conclusione è che il mondo non è tanto saggio quanto si crede e che non bisgona fondarsi tanto sulle aspirazioni e l’ingegno umano, ma ristabilire le prospettive e comprendere i propri limiti. Un messaggio profondamente critico della società rinascimentale.
 
 
 
Autore articolo: Angelo D’Ambra
Fonte foto: dalla rete

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