I Carignan-Salières, i primi piemontesi in America
Un fregio che evoca le piume sulla testa di un pellerossa, decora le finestre di Palazzo Carignano: questo fregio non è lì per caso, ma vuole espressamente ricordare l’epopea americana del reggimento Carignan-Salières, che si svolse nel 1667, al fianco dei francesi, nelle guerre contro gli indiani irochesi durante la colonizzazione del Canada.
Il “Reggimento Carignano” era stato creato nel 1636 da Tommaso Francesco di Savoia, figlio di Carlo Emanuele I di Savoia, che fu per questo insignito del titolo di Principe di Carignano, dando vita al ramo cadetto di Casa Savoia dei Savoia-Carignano. Il reggimento era composto da circa milleduecento uomini, tra piemontesi, savoiardi e liguri.
Il Principe Tommaso Francesco, che aveva combattuto i francesi al servizio degli Asburgo durante le guerre di successione, nel 1642 passò al servizio del Regno di Francia ed il reggimento partecipò attivamente alle varie campagne della Fronda, combatté gli imperiali in Piemonte e Lombardia e, in alleanza con gli stessi, i turchi. Alla morte del Principe, nel 1656, il reggimento passò al figlio Emanuele Filiberto di Carignano detto “il Muto”.
Questi nominò comandante del reggimento il colonnello Balthazar, di origine svizzera, che però, tre anni più tardi, cambiò bandiera passando al servizio degli imperiali, e allora Emanuele Filiberto lo sostituì con Henri de Chastelard, Signore di Salières. Il reggimento prese così il nome di Carignan-Salières.
Dopo la pace dei Pirenei, il Principe Emanuele Filiberto non fu più in grado di sostenere le spese del reggimento, e lo cedette a Luigi XIV di Francia. A quei tempi, quando finivano le guerre, molti reggimenti venivano sciolti: il Principe di Carignano riuscì però a convincere il re ad affidare al suo reggimento una missione in Nuova Francia ovvero l’odierna provincia del Quebec.
Fu così che, nell’estate del 1665, partirono per il nuovo mondo venti compagnie al comando del Salières. L’obiettivo di quella missione militare erano i temibili indiani irochesi, alleati degli inglesi: occorreva proteggere i coloni francesi che erano fatti continuamente oggetto di attacchi e aggressioni. Gli alleati dei francesi erano gli indiani algonchini. Si trattava di un impegno molto serio, contro un avversario temibile e molto feroce. Cadere prigionieri degli irochesi aveva conseguenze terribili: gli indiani erano soliti torturare e mutilare i prigionieri di guerra. Del resto era noto che padre Francesco Bressani, missionario gesuita di Brescia, fatto prigioniero dai pellerossa, era tornato libero nel 1644 dopo che gli erano state amputate le dita delle mani secondo un’antica consuetudine allo scopo di impedire al prigioniero liberato di essere ancora in grado di tirare con l’arco.
Numerosi e cruenti scontri ebbero luogo nella zona dei Grandi Laghi, soprattutto attorno al Lago Huron che oggi è situato tra la provincia dell’Ontario canadese e lo stato del Michigan, negli U.S.A.. La missione dell’unità savoiarda non fu priva di atti di grande brutalità come l’incendio ed il saccheggio di cinque villaggi degli indiani mohawk, che facevano parte dell’alleanza irochese. D’altronde il reggimento Carignano per parte sua dovette contare duecentocinquanta caduti, più del dieci per cento del totale della forza. La missione ebbe termine nel 1667, dopo la conclusione della pace con gli indiani irochesi sconfitti.
Una volta che la missione fu compiuta, il re offrì ai soldati di stabilirsi in Nuova Francia, concedendo delle terre lungo il fiume San Lorenzo. Circa quattrocento di loro accettarono l’offerta. Numerosi si sposarono con le “Filles du Roi”, ragazze francesi orfane, tra 15 e 25 anni, che vennero inviate da Parigi nella Nuova Francia (dove le donne mancavano), allo scopo di popolare il territorio sposandosi con i coloni. Chi non restò in America, rientrò in Europa con il resto del reggimento.
Gli irochesi affascinarono non poco i soldati piemontesi, sia per il loro aspetto che per le loro tradizioni. Nonostante fossero di fatto avversari in battaglia, provarono per questi ultimi una forte stima, dovuta al coraggio che dimostrarono sul campo. Al ritorno in Europa i militari portarono con loro disegni e ritratti dei nativi americani, alcuni dei quali vennero portati in dono alla famiglia reale. La “moda” degli indiani americani si sparse e giunse fino al Guarini che decise di immortalare questa pagina di storia nella facciata di Palazzo Carignano qualche anno più tardi. Il reggimento, intanto, continuò a servire Luigi XIV, fino a che cessò la sua storia nel 1774, mutando nome in “Guardie di Lorena”.
Autore articolo: Paolo Benevelli