Il Liberty a Palermo e Milano

Palermo, sul finire del XIX secolo, divenne una vera e propria capitale del Liberty, finendo con l’identificarsi con questo stile. Il Villino Florio, il Villino Basile, la Chiesa di Santa Rosalia, il Teatro Biondo e Villa Igieia sono solo alcuni esempi del gusto architettonico estremamente raffinato con cui si vestì la città. Parimenti, il Liberty trovò terreno fertile a Milano che, sebbene diversissima nella sua mentalità dal colorato centro siciliano, conobbe in quegli anni un incredibile slancio industriale e urbanistico.

In Italia fu l’Esposizione Internazionale di Arte decorativa di Torino, del 1902, a ufficializzare il trionfo del nuovo stile già in voga all’estero, ma abbracciato da artisti d’avanguardia come lo scultore Leonardo Bistolfi e l’ebanista Carlo Bugatti. In questa esposizione si trasmetteva una idea di progettazione concepita come opera che investiva tutto il produrre superando il confine tra utile e bello. Anche l’oggetto di uso quotidiano doveva essere modificato dalla potenza creativa di architetti o progettisti che ora si concepivano come artisti totali. Cionondimeno fu proprio l’idea di diffondere il bello a strati sempre più vasti della popolazione a sancire anche la morte del Liberty, o Art Noveau, costringendo cioè l’abile artigiano o il fecondo artista a rientrare nelle logiche della produzione industriale su larga scala.

A Palermo, la famiglia Florio, alla guida di Ignazio, erede di una immensa fortuna fondata su industrie, banche, cantieri navali e iniziative c ommerciali, commissionò al suo conterraneo Ernesto Basile, figlio dell’architetto Giovan Battista Filippo e architetto a sua volta, i lavori di rifacimento della Villa Igiea. La struttura era costruita in stile quattrocentesco siciliano ed era appartenuta all’ammiraglio inglese Sir Cecil Domville. Affacciava sul mare e Ignazio Florio la comperò nel 1908 pensando di farne un albergo di lusso per l’alta società della sua epoca. Basile le conferì un aspetto esterno neogotico, con la caratteristica forma di un piccolo castello con torrette e merli, ma arricchito da dettagli decorativi eleganti come maioliche, ferri battuti e intagli lapidei. L’interno della villa, invece, si caratterizza per ambienti ampi e fantasiosamente decorati. Ancora oggi vi si trovano gli affreschi del pittore Ettore De Maria Von Bergler, raffiguranti La Favola dell’Aurora e del tramonto o Floralia, arredi lignei eseguiti dallo studio di Vittorio Ducrot, geniale imprenditore ed ebanista italo-francese, e numerosi dettagli che conferiscono al tutto sensazioni estetiche esotiche.

Basile s’era laureato in architettura nel 1878, aveva insegnato all’università di Palermo e già era stato apprezzato per la realizzazione del Teatro Massimo, probabilmente l’opera più importante dell’Ottocento cittadino. Il teatro mosta un gusto neoclassico-eclettico e fu iniziato da Giovan Battista Filippo Basile, una volta morto continuò suo figlio convocando circa centocinquanta maestri d’intaglio. In quell’occasione nacque la collaborazione col pittore Von Bergler e con Ducrot che realizzarono alcune delle operte più famose di questo periodo. Dopo Villa Igieia, la fama di Basile lo spinse sino a Roma dove edificò alcune dimore signorili e costruì l’ala nuova di Montecitorio, con l’aula della Camera dei deputati. Tuttavia è Palermo a conservare ancora una delle sue maggiori realizzazioni: il Villino Florio, un’incredibile sintesi di elementi medievali, moderne linee curve, raffinati intagli floreali, superfici barocche, capriate nordiche, torrette che rimandano ai castelli francesi, colonnine romaniche e bugnati rinascimentali, miscelati in un capolavoro di originalità.

A Milano, il piano regolatore del 1889 puntò a fare della città una grande metropoli. Il Liberty germogliò in particolare nelle aree tra Corso Venezia e Corso Monforte, tra Corso Magenta e il Parco Sempione, gli anelli tra Corso XXI Marzo e il quartiere Ticinese. Un chiaro esempio fu il Palazzo Castiglioni, inaugurato nel maggio del 1903 e eretto su progetto di Giuseppe Sommaruga.

Nel bel mezzo di Corso Venezia sorse questo edificio dalla facciata in bugnato, divisa in diverse fasce decorative e segnata da oblò, finestre e balconi ornati di figure di putti e motivi floreali. Il cornicione è decorato con api in ferro battuto, realizzate dai fratelli Ghianda e simbolo dell’operosità dell’imprenditore committente, Ermenegildo Castiglioni, erede dell’omonimo mercante e patriota. Dell’interno, ampiamente mutato negli anni, restano lo scalone monumentale a due rampe che si fondono per poi riaprirsi e la Sala Pavoni con notevoli stucchi, tappezzerie in filo d’oro e cornici. Spicca nell’insieme il sapiente gioco delle masse e l’armonia fra organismo e decorazione.

Sommaruga era già un professionista affermato, ma con la realizzazione del Palazzo Castiglioni divenne la personalità di maggior spicco del liberty milanese. In realtà, all’apparire della facciata del palazzo, l’opinione pubblica si schierò fortemente contro il suo lavoro, fino ad ottenere la rimozione delle due colossali statue femminili, opera di Ernesto Bazzaro, raffiguranti l’Industria e la Pace, perche troppo procaci e nude. A proposito della modifica delle decorazioni in facciata, scriveva nel numero dell’aprile 1905 de L’Edilizia Moderna l’architetto Formenti: “Noi francamente crediamo che la facciata stesse assai meglio prima che dopo, e sappiamo che lo stesso architetto Sommaruga a malincuore dovette sottostare al desiderio espresso dal proprietario, ritenendo anch’egli che la prima idea era riuscita assai più originale ed appropriata a tutto il complesso dell’edificio, nel mentre il ripiego successivo, si presentava anche a priori, poco adatto. Non è cosa possibile infatti, il togliere d’un colpo tanto facilmente elementi decorativi di una facciata, per sostituirli con altri, quando quegli elementi decorativi sieno stati studiati organicamente fusi con tutte le altre parti rimanenti”. Questa storia conferma quanto il liberty fosse portatore di più ampie vedute non solo artistiche.

Ad ogni modo il successo per Sommaruga venne lo stesso e gli fece guadagnare una grande notorietà che lo portò alle commissioni della Palazzina Salmoiraghi, nel 1906, del Grand Hotel Campo dei Fiori a Varese, nel 1908, e della Villa Faccanoni a Sarnico.

 

 

 

Autore: Angelo D’Ambra

Bibliografia: E. Giacobino (a cura di), Liberty

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