San Michele Arcangelo e i longobardi

Il culto di San Michele fu assai caro ai longobardi. Affascinati dagli attributi guerrieri della sua immagine, ma non ancora cattolici, adottarono la “Celeste Basilica” di Monte Sant’Angelo, come santuario nazionale e l’arcangelo li benedisse con la vittoria sui bizantini dell’8 maggio del 650. Da allora il culto si diffuse in ogni centro longobardo d’Italia e fu fondamentale nel processo di conversione al cattolicesimo di questo popolo. San Michele, infatti, protesse re Cuniperto contro gli ariani nella Battaglia di Coronate.

I longobardi di re Alboino lasciarono la Pannonia il 2 aprile del 568, entrarono in Italia dal Friuli e da parte del Veneto, un anno dopo conquistarono la Lombardia e cinsero d’assedio Pavia che presero però solo dopo tre anni. La città sarebbe diventata la capitale del loro regno. Nel frattempo invasero la Liguria, dilagarono in tutta la Toscana e nel 571 raggiunsero Benevento. Feroci, ariani e quindi anti-cattolici, ma animati ancora da credenze pagane, furon definiti “nefandissima gens” da papa Pelagio II. Sei anni dopo, guidati da Zottone, saccheggiarono il monastero benedettino di Montecassino. Si realizzò allora la profezia di San Benedetto: “Tutto questo monastero che ho costruito e ogni cosa che io ho preparata per i monaci, per giudizio di Dio onnipotente, sarà consegnata in mano ai barbari. Sono riuscito appena ad ottenere che siano risparmiate le persone, le quali dovranno fuggire da questo luogo” (S. Gregorio Magno, Dialogi). Poco tempo dopo assediarono Roma, difesa energicamente da papa Gregorio. Fu proprio questo pontefice che, con la collaborazione della regina Teodolinda, moglie prima di re Autari e poi di re Agilulfo, riuscì ad avvicinarli al cristianesimo romano. Sorse grazie alla regina la Basilica di San Giovanni Battista a Monza, suo figlio Adaloaldo fu battezzato e più in generale i longobardi presero a tener maggior rispetto per i luoghi di culto e per i fedeli, tuttavia non rinunciarono all’arianesimo ed alle superstizioni pagane. Ciò che fu determinante per la loro conversione fu l’apparitio di San Michele sul Gargano.

I longobardi di Benevento, chiusi entro i valichi montuosi del Sannio, tentarono a più riprese di raggiungere il mare e impossessarsi delle fertili pianure liburine e pugliesi. Questi loro sforzi li spinsero sino a Siponto, allora sotto il dominio bizantino. In questa diocesi il vescovo Lorenzo Maiorano, sul finire del V secolo, aveva eretto un santuario micaelico che era finito con l’attirare la devozione anche dei longobardi. Nel 642 nell’area si insediarono dei predoni slavi ed il duca Aione guidò un drappello di uomini per scacciarli. Il suo cavallo cadde in una fossa scavata appositamente dagli slavi intorno al loro accampamento e fu circondato e ucciso assieme ad altri del suo contingente. Fu suo fratello Rodoaldo a succedergli come duca e a vendicarlo, ricacciando gli invasori. Ormai il territorio era pienamente longobardo e quando i bizantini si risolsero a recuperarne un più stabile controllo, si videro respinti da Grimolado I proprio presso il santuario. E’ in questa circostanza che si cementò il legame dei longobardi con l’arcangelo Michele. Su invito del vescovo di Benevento, San Barbato, prima dello scontro, digiunarono per tre giorni implorando la protezione micaelica. La notte precedente la battaglia, nella grotta sul Gargano, San Michele apparve al vescovo dicendogli che le preghiere erano state esaudite e che la vittoria era sicura. Era l’8 maggio del 650 e il successo in battaglia fu puntualmente conseguito e la data è da allora celebrata come dies festus.

Indubbiamente l’immagine di San Michele che ammazza il drago richiamò nei longobardi quella di Odino e l’idea di uno spirito guerriero congeniale alla sensibilità di quel popolo. L’apparizione del Gargano, con la vittoria sui bizantini, fu un momento centrale della storia longobarda e finì con lo spianare la strada ad una piena conversione di questo popolo al cattolicesimo: quando Grimoaldo da duca di Benevento ascese a re d’Italia, la devozione all’arcangelo Michele si diffuse anche tra i longobardi del nord e Pavia capitale vide sorgere la Basilica di San Michele Maggiore.

L’arcangelo però ebbe un ruolo centrale anche nell’ascesa al trono di re Cuniperto. Questi aveva vissuto la sua giovinezza alla corte beneventana e rinnovò la sua devozione a San Michele quando dovette schiacciare la ribellione degli ariani guidati di Alachi, duca di Friuli, già da lui perdonato per una sobillazione durante il regno di Pertarito. Il duca traditore occupò con i suoi armati Pavia, ma, indotto ad allontanarsi per la caccia da alcuni sostenitori del re, la perse facilmente. Riparò in Austria, legando a se diverse città e raccogliendo più uomini possibile per uno scontro decisivo. I due contendenti, con le loro forze, si ritrovarono nella piana di Cornate. Sugli scudi di Cuniperto campeggiava l’icona di San Michele.

Il re mandò un messo al rivale per evitare una strage e risolvere la contesa con un duello. Alachi rifiutò. La battaglia ebbe luogo e i due nemici si gettarono nella mischia, ma l’armatura di Cuniperto nascondeva in realtà Senone, diacono della chiesa pavese. Alla morte di questi, Alachi scoprì l’inganno mozzando la testa al cadavere con l’intento di levarla in cima alla sua lancia. Fu a questo punto che Cuniperto scese in campo e, battendosi con ardore, seminò panico e morte nelle schiere nemiche. Il duca ribelle fu sconfitto e Cuniperto fu portato in trionfo dai suoi. La vittoria fu attribuita all’intercessione dell’arcangelo Michele e, in segno di gratitudine, Cuniperto si recò nel 691 in pellegrinaggio alla “Celeste Basilica” di Monte Sant’Angelo.

Da allora la fedeltà al cattolicesimo romano della totalità della popolazione longobarda non fu più rimessa in discussione e l’arianesimo risultò definitivamente soppiantato.

 

 

 

Articolo: Angelo D’Ambra

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