‘A retirata
Il 26 gennaio del 1887, seicento soldati a Dogali, villaggio fra Asmara e Massaua, furono assaliti da diecimila guerrieri di Ras Alula. Dopo un’epica resistenza, gli ottanta italiani sopravvissuti furono costretti a ritirarsi. Il fatto ispirò Salvatore Di Giacomo che compose ‘A retirata (La ritirata), canzone che, musicata da Mario Costa, venne eseguita per la prima volta a Piazza Plebiscito dalla fanfara dei bersaglieri in quell’anno, alla presenza del generale Avogadro, e da allora accompagnò tutti i contingenti italiani che si imbarcavano per l’Africa dal porto di Napoli.
La mattina del 26 gennaio 1887 partirono i rifornimenti di generi alimentari e munizioni per il maggiore Boretti, assediato al forte di Saati. Venne pure inviata una colonna di rinforzo, formata da 548 soldati, comandata dal tenente colonnello Tommaso De Cristoforis. Intercettata presso Dogali, questa colonna finì al centro di tutte le attenzioni del nemico. Contro di essa si concentrò l’attacco degli etiopici e gli italiani, in netta inferiorità numerica, si rifugiarono su una collinetta e resistettero per quattro ore, finendo completamente travolti. Lo stesso De Cristoforis morì. La strage fu immane. Non restarono che ottanta sopravvissuti. Anche Di Giacomo restò scosso.
Il segnale della ritirata apre la canzone ai versi del poeta:
Gioia bella, pe’ te vedé, ch’aggio fatto nun puó’ sapé.
Si putesse parlá stu core, quanta cose vulesse dí, ma, chiagnenno pe’ lu dulore, io mm’ ‘o scippo pe’ nn’ ‘o sentí!
Napule e nénne belle, addio v’avimm’ ‘a dí. Sentite ‘a retirata? Ce n’avimmo da trasí.
La canzone fu presentata con grande successo a Piedrigrotta, riscontrando il favore di un pubblico attento ai valori della patria, dell’eroismo, del sacrificio. C’aveva visto bene Benedetto Croce che per primo aveva ascoltato ed approvato ‘A retirata presentatagli dai compagni riuniti nella cosiddetta “Compagnia dei Nove Musi”, ovvero il Di Giacomo e lo stesso Croce, Ferdinando Russo, Francesco Saverio Nitti, Michelangelo Schipa e Roberto Bracco. La compagnia, fondata nella Libreria Pierro, si riuniva – soltanto nei ristoranti – ogni qualvolta un frequentatore della libreria pubblicava una lirica di particolare interesse e ‘A retirata era stata una di queste.
Dice ‘a gente, parlanno ‘e me, ca si parto mme scordo ‘e te.
A ‘sta gente, stu core mio pe’ risposta tu fa’ vedé. E dincello ca si part’io, tiene ‘mmano nu pigno ‘e me.
Statte bona, puó’ stá sicura, cu ‘a medaglia voglio turná. A stu core tiénece cura, si nun torno, nun ‘o jettá.
La canzone ha un caratteristico ritmo di marcia, un alone di malinconia ed un tono scanzonato che aiutava il soldato a superare i forti sentimenti della partenza. Divenne presto il motivo eseguito ad ogni imbarco per la guerra in Africa e di fatti anticipò il successo di un’altra canzone militaresca napoletana ‘O Surdato ‘Nnammurato di Aniello Califano ed Enrico Cannio del 1915.
Autore articolo: Angelo D’Ambra
Foto: dalla rete
Bibliografia: V. Paliotti, Gli alunni del sole; V. Paliotti, Storia della canzone napoletana