Italiani in Argentina agli inizi del Novecento

L’aumento demografico conosciuto dopo l’Unità generò una massiccia emigrazione che, in larga parte, si diresse verso l’Argentina. I flussi migratori continuarono sino al sorgere del nuovo secolo. Il volto di questa emigrazione è ben compendiato in questo passo del giornalista francese Julies Huret, En Argentine. De la Plata aux Cordillers des Andes.

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In ogni angolo della repubblica che richieda lavoratori sobrii e robusti, si ricorre agli Italiani. Questi posseggono davvero tutte le qualità che fanno i buoni coloni: tenacia e vigore, sobrietà, energia e pazienza nello sforzo. anche molto economi, duri vers osè medesimi, sopportano in principio tutte le privazioni necessarie ed accumulano soldo per soldo.

Sbarcando ,accettano qualunque lavoro, si fanno braccianti, manovali, muratori, legnaiuoli, secondo l’occasione. Se restano in città, appena hanno raccolto una sommetta comprano una bottega e vendono prodotti del proprio paese: olio, olive, vini, uve secche, tesuti di lana e di cotone provenienti dalle fabbriche di Lombardia.

Molti s’accomodano in provincia come operai agricoli. Non tutti sono esperti nei lavori dei campi, certi non hanno tradizione agricola e non sanno coltivare; spinti dal destiderio di guadagnare al più presto, sfruttano malamente terreni troppo vasti. Ma la terra è ricca e i loro bisogni così modesti, le macchine non mancano, e una famiglia può giungere a coltivare da sola fino a 200 ettari. Anche le donne vi s’impegnano, le ragazze conducono l’aratro, e grazie ad una stretta economia la famiglia diventa presto proprietaria di un campo. In questo modo delle colonie agricole si sono popolate d’Italiane, che a poco a poco comprano tutta la terra e sono allora padroni del paese. E così in molti centri agricoli argentini ho visto dei viali Umberto I, Vittorio Emanuele, Garibaldi ,senza contare le statue di questi grandi!

I loro progressi da venticinque anni sono particolarmente sensibili nella coltivazione della vite. Mendoza, San Juan e San Luis debbono molto agli Italiani. Mendoza è diventata il loro gran centro d’attrazione; quasi tutte le vigne di Mendoza appartengono a Italiani: i Tomba, i Gioli e i gargantini, venuti senza la minima fortuna, ed oggi ricchi a milioni.

A nord, nelle province di Salta e di Tucuman, si specializzano nella coltura dei legumi e della frutta, particolarmente degli agrumi.

Nelle città si occupano del piccolo commercio, ma appartiene agli Italiani anche una parte del cabotaggio e della navigazione fluviale sul Paranà, e la pesca costiera  in mano d’Italiani originari della Liguria.

A Buenos Aires, a Rosario, a Bahia Blanca, dovunque li attira lo sviluppo della città, imprenditori e muratori italiani hanno diffuso a profusione un tipo di casa senza piani, a balaustre e facciate ornate di stucchi, che danno monotonia e banalità a tante strade.

Gli Italiani han preso ugualmente possesso delle principali industrie della capitale. L’industria nascente della metallurgia, quella delle paste alimentari e della carne salata, della concia, quella del vestiario: baincheria e confezioni, cappelleria, sono in gran parte nelle loro mani. Un intero quartiere di Buenos Aires, La Boca, è popolato da Italiani.

Molti si occupano di banca e di cambio. Bisogna vedere, la domenica, la sfilata degli opera iche vanno ad affidare i loro risparmi alle banche italiane, od a cambiarli in momenta italiana ed inviarli in patria.

 

 

 

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