I vichingi e la presa di Luni
Rudolf Porner, in L’epopea dei vichinghi, riporta un brano del decano Dudone di San Quintino che descrive la presa e il sacco di Luni, città alla foce della Magra, vicino La Spezia, nell’860.
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I capi della città di Luni, spaventati dall’inatteso e minaccioso attacco, armano in fretta i cittadini; e Hasting – il comandante di questa azione mediterranea – accortosi dell’impossibilità di prenderla con le armi, ricorre a un’astuzia: mandando un messaggero al burgravio e al vescovo della città, il quale, alla presenza del dignitario, così dichiara: “Hasting, duca dei danesi, e tutti coloro che la sorte ha cacciato di Danimarca con lui, vi salutano. A voi non è ignoto come, vagando per il mare tempestoso, noi siamo approdati al regno dei franchi. Nel quale penetrati, abbiamo, dopo molte battaglie contro le genti franche, sottomesso la terra loro al nostro capo. E desiderando noi, una volta completata la conquista, tornare al paese avito, prima ci soffiò contro il vento del nord, poi ci prostrarono quelli avversi di ovest e di sud; onde per nostra volontà, e in estremo bisogno, siamo approdati alla vostra costa. Noi vi preghiaro ora di concederci pace, affinché possiamo acquistare dei viveri. Il nostro duca è malato. E, prostrato dal dolore, desidera ricevere da voi il battesimo; o, se dovesse nella sua estrema debolezza venirci strappato prematuramente, egli implora dalla vostra carità e pietà una tomba dentro le vostre mura”.
Al che il vescovo e il burgravio: “Noi stringiam pace eterna con voi, e battezzeremo il vostro duca. E vi permettiamo di acquistare quanto volete”. Si stringe dunque un trattato di pace, e comincia un vivo commercio fra cristiani e infedeli pagani.
Nel frattempo, il vescovo appronta il fonte battesimale, consacra l’acqua, e fa accendere i ceri. Hasting l’ingannatore viene quindi condotto, entra nell’acqua, riceve il battesimo, ed è riportato alla nave come malto grave. Dove giunto, convoca i suoi ribaldi, esponendo loro il vergognoso disegno segreto di sua invenzione: “La prossima notte annuncerete al vescovo la mia morte, e pregherete fra le lacrime che mi si lasci seppellire in città. In cambio promettetegli le mie spade, le mie fibbie e tutto quanto m’appartiene”.
Detto fatto, i normanni si affrettano fra i gemiti al cospetto dei signori della città… e poi tornano ad annunciare il successo della frode. Hasting allora, tutto gioioso, riconvoca le varie tribù e dice loro: “Fatemi una bara alla svelta, mettetemici come un cadavere ma con le armi accanto, e schieratevi tutt’intorno come in lutto. Gli altri lanceranno il grido di guerra nelle strade, nel campo e sulle navi”.
All’ordine tiene dietro, seduta stante, l’esecuzione. Il lamento dei normanni risuona all’intorno, mentre le campane della città chiamano il popolo alla chiesa… Portato da cristiani e pagani, Hasting viene condotto dalla porta cittadina al convento ove è la tomba. E mentre il vescovo s’accinge a celebrare solennemente la messa, e tutto il popolo ascolta reverente i canti del coro, ecco i normanni balzare improvvisamente accanto alla bara e gridare che il duca non dev’essere sepolto. I cristiani sono là in piedi come percossi dal tuono. D’un tratto Hasting balza fuori dalla bara, sfodera la spada scintillante e abbatte prima lo sventurato vescovo, quindi il burgavio.
I normanni sbarrano allora in fretta le porte della chiesa; e comincia l’orrendo massacro dei cristiani disarmati. Dopo di ché si precipitano fuori, ammazzando chiunque metta mano alle armi. Anche quelli restati sulle navi irrompono per le porte aperte e si mescolano alla furente battaglia. Quando il lavoro del sangu è infine compiuto, il popolo di Dio è sterminato quasi al completo: ciò che ne resta viene trascinato, carico di catene, alle navi.