La fine di Costante II
La spedizione di Costante II nel Sud Italia era stata un disastro. La sconfitta nella Battaglia di Forino pose fine alle speranze bizantine di riconquista dell’Italia, tuttavia restò inalterata la bramosia di Costante che volle recarsi a Roma e incontrare papa Vitaliano. Fu quella l’ultima visita di un imperatore romano all’Urbe e fu miseramente segnata dal saccheggio del Pantheon.
“Fermatosi a Roma per dodici giorni, abbatté tutto quanto dall’antichità era stato innalzato con bronzo per ornare la città, al punto da scoperchiare la basilica della beata Maria (chiamata in antico Pantheon – poiché era un tempio – edificato in onore di tutti gli dei e successivamente, per concessione dei precedenti principi, era divenuto la chiesa di tutti i martiri) e portar via da essa le tegole di bronzo per mandarle a Costantinopoli”, scrive Paolo Diacono. Commenta invece Ferdinand Gregorovius in Storia della città di Roma nel Medioevo: “È difficile che l’imperatore greco meditasse mestamente sulle sorti della capitale del mondo; e piuttosto, quando con vacua e rapida curiosità faceva correre lo sguardo sui ruderi di Roma, roba sua, trovava che restavano ancora degli oggetti per appagare la sua cupidigia. Parecchie statue, di bronzo, si ergevano ancora nelle vie e nelle piazze, come le aveva già viste Procopio, e può darsi che i bizantini, i quali andavano in giro frugando, le cercassero avidamente anche nei templi chiusi. Il pontefice mostrava al suo ospite il Pantheon, dono imperiale fatto alla Chiesa; Costante ne vide il tetto di bronzo dorato sfavillare sotto i raggi del sole, e, senza che lo trattenesse il rispetto alla Vergine e a tutti quanti i martiri, ordinò che sul suo naviglio si caricassero quelle tegole preziosissime. A malincuore risparmiò i quadrelli dorati che ricoprivano il tetto di S. Pietro, poiché impediva di strapparli la santità della basilica oppure il timore di far sollevare i romani. Dodici giorni soli dimorò Costante a Roma, e tanto bastò perché la città fosse derubata de’ suo ultimi tesori antichi di bronzo, fino ai più piccoli avanzi. La splendida statua equestre di marco Aurelio, in bronzo dorato, sfuggì solo come per miracolo all’avidità del predone bizantino”.
Di male in peggio, dopo tante ruberie, Costante II attraversò il Sud Italia salpando da Reggio Calabria per Siracusa, pronto a far incetta d’altri beni. Sull’isola morì Gisa, sorella del beneventano Romualdo, tenuta in ostaggio dei bizantini. Ma anche il suo aguzzino sarebbe presto spirato.
L’imperatore restò in Sicilia dalla settima indizione fino alla dodicesima, suscitando il malcontento della popolazione. Qui infatti impose “sia agli abitanti della Calabria, della Sicilia, dell’Africa e della Sardegna, sia a quelli che vi avevano dei possessi” delle onerose tassazioni e portò via “i vasi consacrati e i tesori delle sante chiese di Dio”. Si fece odiare dai locali per i balzelli imposti ed ancor più dai suoi uomini mandati allo sbaraglio in tutta la campagna. Alla fine “pagò il fio di tanta iniquità, e mentre faceva il bagno fu ucciso dai suoi” (P. Diacono, V 11). Era il 15 luglio del 668.
Quella di Costante fu l’ultima vera e decisa azione dell’Impero Romano d’Oriente diretta a riconquistare i territori occidentali e non è da escludere che tra i motivi che mossero la mano dell’omicida ci fosse il temere lo spostamento del baricentro da Oriente ad Occidente. In effetti secondo Teofane l’imperatore lasciò la capitale con l’intenzione di trasferire a Roma la sede del governo (Theoph. Chron.). In ogni caso l’impresa di Costante riaffermava implicitamente la centralità storica e politica della penisola italiana.
Ucciso l’imperatore Costante, Mecezio, uno dei congiurati, si autoproclamò suo successore “ma senza il consenso dell’esercito d’oriente” così Costantino IV, imperatore legittimo e figlio di Costante, si recò di persona in Sicilia per deporre l’usurpatore.
Nel corso dell’anno 669, giunsero a Siracusa soldati bizantini dall’Istria, dalla Campania, dall’Africa e dalla Sardegna e la spedizione in Sicilia di Costantino IV ebbe successo: l’usurpatore venne punito con la decapitazione e la sua testa fu portata a Costantinopoli.
Autore articolo: Angelo D’Ambra