Tancredi d’Altavilla
La vita di Tancredi d’Altavilla, figlio del Marchese Oddone e di Emma d’Altavilla, sorella di Roberto il Guiscardo, è un lungo elenco di imprese e conquiste, di imboscate, guerre e assedi in Palestina e Siria.
Di Tancredi si sa in realtà poco. Nessuno degli autori che hanno scritto di lui ha precisato la sua data di nascita né ha ricostruito le vicende della sua giovinezza. Rodolfo di Caen, che prese parte alla Prima crociata proprio nell’esercito di Tancredi d’Altavilla, redasse le Gesta Tancredi per ricordare le imprese del comandante che aveva servito in Terra Santa, ma quest’opera è davvero scarna di notizie.
Il testo è un “prosimetrum”, mescola prosa e poesia, e ripercorre la partenza dei normanni di Sicilia dal porto di Bari, nel 1096, interrompendosi però nel 1105, quando i crociati erano sotto le mura di Apamea, in Siria. Numerosi sono gli encomi per Tancredi presentato come valente nei tornei cavallereschi e zelante di fede: “Né le ricchezze di suo padre lo viziarono, né il grande lignaggio dei suoi parenti lo rendeva orgoglioso. Nella sua adolescenza ha superato tutti i giovani con la sua abilità nel maneggiare armi ed ha superato anche i vecchi nell’austerità dei costumi, dando ad entrambi ripetuti esempi di virtù… Il desiderio di gloria infiammò la sua anima giovane. Tuttavia dotato di un sacco di talento, soffriva del rimorso interno sapendo che i combattimenti cavallereschi in cui primeggiava non erano ammessi dalla religione. Ma quando Papa Urbano concesse la remissione di tutti i peccati ai cristiani che sarebbero andati a combattere contro gli infedeli, Tancredo uscì dal suo pesante torpore, il suo coraggio aumentò e il suo spirito s’infiammò. Avendo deciso di partire, in breve tempo organizzò ciò di cui aveva bisogno, raccogliendo un numero proporzionato di armi e cavalli e le provviste alimentari essenziali per i suoi compagni”.
Tancredi, dunque, partì per la Palestina nel 1096, accompagnando suo zio Boemondo. Sbarcarono a nord di Valona, in Albania, e vi rimasero fino agli inizi di novembre senza chiedere il permesso di entrare nel territorio bizantino. Si accampò nella valle di Adronopolis e qui sorsero i primi problemi con le autorità perché gli uomini ricorsero a violenze per trovare cibo. Più tardi, nonostante il clima invernale, si inoltrarono nei Balcani verso Kastoria, dove celebrarono il Natale. La città era stata conquistata solo tredici anni prima durante l’invasione normanna di Roberto il Guiscardo. Quando venne a sapere della situazione, l’imperatore Alessio Comneno fece sorvegliare gli intrusi ma non intervenne quando, tenuti fuori dalle mura cittadine, i normanni saccheggiarono la campagna circostante, rubando tutto il bestiame che riuscirono a trovare. Boemondo marciò poi verso Palagonia, una città della Grecia settentrionale in mano dei bogomili, e la attaccarono conquistandola e dandola alle fiamme con i suoi abitanti. Era troppo per l’imperatore di Bisanzio. Alessio temette che i normanni stessero pianificando un altro assalto all’impero, così, mentre i crociati di Boemondo avanzavano, inviò contro di loro un esercito di turcopoli e pecheneghi. Lo scontro avvenne sul fiume Vardar che scorre attraverso la moderna Macedonia e la Grecia settentrionale, sfociando nel Golfo Termanico, a poche miglia a ovest di Salonicco.
Senza un ponte i crociati non potevano attraversare immediatamente il fiume ingrossato dalle piogge invernali. L’esercito normanno fu quindi costretto ad aspettare un paio di settimane sulla riva occidentale del Vardar, in attesa che le acque di inondazione si ritirassero. Quando a febbraio i crociati provarono a guadare le acque, spaccandosi in due, col gruppo più consistente che aveva raggiunto ormai la riva opposta, i soldati inviati dall’imperatore – per lo più arcieri – attaccarono chi era rimasto indietro, facendone strage. Erano i fanti di Rainulfo, conte di Russignolo. Boemondo rimase sulla riva occidentale con la fanteria mentre Tancredi guidò l’avanguardia della cavalleria riattraversando il fiume. I turcopoli scoccarono continue raffiche di frecce, ma non avanzarono mai. Il compito dei cavalieri di Tancredi fu quello di proteggere l’attraversamento del fiume del resto dell’esercito normanno e non inseguirono i nemici. Solo quando la fanteria fu tutta nel fiume in atteggiamento difensivo, Tancredi scagliò i suoi cavalieri alla carica, disperdendo i turcopoli. Con un’abile manovra però i nemici tornarono all’attacco stavolta mobilitando le fanterie contro la retroguardia ed allora i cavalieri di Tancredi furono richiamati e tentarono di riattraversare il fiume per salvare Rainulfo. In molti i turcopoli furono fatti prigionieri e quando Boemondo seppe che li inviava l’imperatore volle dirigersi speditamente verso Costantinopoli. Fu allora che gli si presentarono degli emissari imperiali. Essi trattarono coi normanni e stabilirono un accordo incentrato sulle stesse regole stabilite con gli altri eserciti crociati che avevano attraversato l’impero. Le città lungo il percorso dovevano fornire rifornimenti ai crociati, ma essi non potevano entrarvi, né ricorrere al saccheggio. Boemondo accettò l’accordo e riprese il cammino verso la città di Serres, dove fu ben rifornito dagli abitanti, accampandosi nelle vicinanze per alcuni giorni per celebrare la Pasqua, poi andò a Costantinopoli, lasciando il suo esercito sotto il comando di Tancredi.
I crociati andarono poi a Nicea e circondarono immediatamente questa città, mentre l’esercito turco discese lungo il fianco di una vicina montagna per provare ad entrare nelle mura e favorire gli assediati. Il conte Raimondo di Saint-Gilles provò a respingerli ma solo l’arrivo di Tancredi riaccese l’entusiasmo dei soldati. Il normanno arrivò correndo a tutta velocità e con la sua spada tagliò la testa di un capo turco. La cosa sconvolse i nemici che ripiegarono sulle montagne, inseguiti dai cristiani. Nicea si arrese, ma ad Alessio Comneno che intrattenne trattative segrete coi nemici servendosi dei crociati. Da quel momento Tancredi non si fidò più dei bizantini.
L’esercito crociato continuò la sua marcia sino all’assedio di Antiochia dove Tancredi mostrò tutto il suo coraggio, presidiando le strade in modo che nessun abitante osasse lasciare la città e tendendo un’imboscata al nemico. Da due giorni gli arabi si lanciavano in incursioni contro l’accampamento normanno. Tancredi, scoperto da dove provenivano, attese che al terzo giorno un più gran numero di nemici si mettesse in marcia passando nei luoghi noti a Tancredi, senza sapere che i crociati erano lì nascosti. Il normanno si gettò sui nemici, sorprendendoli. Fu seguito dal suo esercito e quel giorno finirono sterminati circa settecento arabi. Le teste di settanta di esse furono inviate al vescovo di Le Puy.
Antiochia si arrese ai crociati nel mese di giugno del 1098. Nella primavera dell’anno seguente, Tancredi si rimise in marcia per Gerusalemme. Partì con trecento uomini a mezzanotte, piantò il suo stendardo a Betlemme e fu uno dei primi ad entrare nella città santa, prendendo possesso della moschea di Omar. Quì finì al centro di invidie e rancori. Fu accusato di spoliazione delle ricchezze della moschea, si difese vigorosamente, ma i suoi giudici convennero nel condannarlo ad un risarcimento di settecento marchi d’argento per aver sottratto settanta lampade. Capì così di aver diversi nemici al proprio fianco, giunti in Terra Santa per conquistar terre, bottini e titoli. over competere con loro.
Fu al comando l’ala sinistra dell’esercito nella Battaglia di Ascalona, in cui le forze fatimidi furono disperse dai crociati. Dopo quella vittoria la maggior parte dei comandanti della crociata si diressero a casa, ma Tancredi rimase accanto a Goffredo di Buglione, alla cui morte Balduino fu fatto re di Gerusalemme. Fu allora che si aprì un acceso scontro con gli altri crociati perchè Tancredi aveva sostenuto le pretese al trono di Boemondo. Nelle mani dei suoi avversari c’era una lettera da lui firmata in cui chiedeva allo zio di impedire l’arrivo di Baldovino. Chiamato a render conto della sua condotta ed a riconoscere la corona a Balduino, Tancredi esitò per qualche tempo poi acconsentì a rendergli omaggio ad una sola condizione: non doveva essere privato delle dignità con cui Goffredo lo aveva investito. Si riferiva all’investitura avuta del Principato di Galilea, da lui conquistata con appena ottanta cavlieri. Ottenne ciò che desiderava ma vi rinunciò per diventare reggente di Antiochia nel marzo del 1101, quando suo zio Boemondo fu catturato dai turcomanni. Nel 1104, Tancredi divenne anche reggente della Contea di Edesa perchè Balduino II fu imprigionato nella battaglia di Harran. E dopo la sua liberazione nel 1108, Balduino lo affrontò per riprendersi la sua contea. Nel 1109, con la morte di Gervasio di Bazoches, Tancredi tornò ad assumere il controllo del Principato di Galilea, rifiutando sempre ogni forma di vassallaggio a Bisanzio. Morì nel 1112 di febbre tifoide.
Autore articolo: Angelo D’Ambra
Foto gentilmente concessa dal gruppo di rievocazione storica “Cives Regni Siciliae”
Bibliografia: R. L. Nicholson, Tancred: A Study of His Career and Work