Un dramma coniugale a Lecce nel 1636
Fulvio di Costanzo, principe di Colle d’Anchise, giunse a Lecce in qualità di preside il 15 maggio del 1636. Lo accompagnava la moglie Beatrice Moccia, come lui appartenente ad un’antica famiglia ascritta al seggio di Portanova, il fratello Ippolito di Costanzo ed un gran numero di servi. Alloggiarono presso Palazzo Tamborino-Cezzi.
Dopo qualche mese un fatto giunse a turbare la serenità della famiglia. Verso le ore 14 del 13 luglio, il principe entrò
nelle stanze della moglie e la trovò a scrivere. La donna stranamente cercò di nascondere un biglietto e questo gesto insospettì il marito che volle farsi consegnare il foglio. Beatrice invece scappò in un camerino attiguo. Il marito la raggiunse e tra i due nacque una colluttazione che terminò quando il principe, in preda alla gelosia, pensando che la moglie lo tradisse, estrasse uno stocco e le inferse due colpi al ventre.
Beatrice Moccia cadde al suolo agonizzante, poco dopo morì. Resosi conto del grave crimine commesso, l’uomo fuggì in una chiesa fuori città. Tre ore dopo il triste avvenimento, tutta la città era a conoscenza del tremendo omicidio e, quasi contemporaneamente, la Regia Udienza con suo messo spediva al vicerè un rapporto sull’accaduto.
Il giorno seguente, prima dello spuntare del sole, il cadavere della sventurata principessa fu posto in una cassa e condotto al Vescovado dove fu deposto sotto la Madonna della Scala, nella sepoltura dai signori De Prioli, proprio davanti all’altare della Vergine. Nessun’altra cerimonia seguì perchè tutti ritennero la donna colpevole di adulterio.
Pochi giorni dopo giunse un postiglione da Napoli con l’ordine di arrestare il principe e di tradurlo nel castello di Bari. Così avvenne, poi, su ordine della Regia Udienza, furono tratti in arresto tutti i servi della casa del principe. Interrogati, essi chiarirono che, dopo aver ucciso la moglie, il principe le frugò in petto e prese finalmente il biglietto. Lo lesse e allora, più volte, tentò di uccidersi con la stessa arma che aveva tolto la vita alla moglie, ma la servitù glielo aveva impedito. Cosa c’era scritto nel foglio e perchè il principe, dopo averlo letto, provò ad ammazzarsi?
Tempo prima della venuta del principe di Colle d’Anchise, era morto a Lecce un ricco negoziante, il quale aveva lasciato erede della sua sostanza di oltre 70.000 ducati una figliuola, in età da marito. I parenti della ragazza, per impedire che l’eredità finisse in
mani estranee, vollero subito dare la ragazza in moglie ad un cugino, ma la ragazza amava già un altro giovane. La ragazza provò a cercare protezione nella casa del preside ed entrò in contatto con la principessa d’Anchise. Iniziò a frequentare la sua casa e tra le due donne nacque una profonda amicizia.
Il fatale giorno 13 del luglio, la principessa stava scrivendo una lettera al fidanzato della sua giovane amica, esortandolo a pazientare ancora. Quando entrò il marito, volle a tutti i costi nascondere il biglietto per non essere rimproverata d’immischiarsi in fatti privati che avrebbero finito col coinvolgerlo in una diatriba tra importanti famiglie locali. Purtroppo la donna nel nascondere la lettera, destò i sospetti del marito e la sua brutale efferatezza.
Il principe restò in carcere per quasi due anni, sino a che, nei moti del 1647, fu graziato dal re.
Autore articolo: Angelo D’Ambra
Fonte foto: dalla rete
Bibliografia: N. Bernardini, Un dramma coniugale nel 1636