La conquista francese dell’Algeria

Il 1857 vedeva sventolare la bandiera francese sull’Algeria. Ventisette anni avevano condotto le armate d’Oltralpe dal litorale alla penetrazione verso il gran deserto. Iniziò tutto con un colpo di ventaglio che il Bey di Algeri, Hussein III Dey, diede sul viso del console Pierre Deval, nel giugno del 1827.

Il caso fu costruito ad arte. Il reggente da tempo non riceveva risposta alle lettere che aveva inviato al re di Francia ed il console, nel giustificare il silenzio del suo sovrano, usò volontariamente parole ingiuriose che suscitarono la stizza del musulmano. Parigi chiese le scuse del bey, ma questi si rifiutò e l’incidente diplomatico divenne il casus belli per l’aggressione militare dell’Algeria.

Immediatamente le navi francesi strinsero in un blocco navale Algeri. Il 4 ottobre una squadra della reggenza tentò di forzare il blocco, ma fu respinta. Il clima degenerò quando l’equipaggio della fregata francese Duchesse de Berry venne massacrato e decapitato da algerini vicino a Dellys. Le teste vennero vendute sul mercato della capitale a 100 piastre l’una.

Nel luglio del 1829 La Provence, guidata dall’ammiraglio la Bretonnière per condurre negoziati di pace, fu bombardata dalle batterie di Algeri. Inizialmente pensando solo di imporre il pagamento di un tributo per danni ed offese ricevute, i francesi inviarono ad Algeri un corpo di spedizione. Trentaquattromila soldati salparono da Tolone nel maggio del 1830, su un’armata di 600 navi, seguendo un piano originariamente sviluppato sotto Napoleone nel 1808. Sbarcarono a Sidi-Ferruch il 14 giugno 1830. Hussein aveva radunato un esercito eterogeneo, appoggiandosi ai giannizzeri e rafforzato dai contingenti forniti dai Bey di Orano, Costantina e Titteri. Si trattava di circa 50.000 uomini, comandanti Agha Ibrahim, figlio di Hussein, ma male armati e poco preparati. I francesi, agli ordini del generale Bourmont ottennero una serie di nette vittorie – importanti quelle di Staoueli e Sidi Khalef – poi andarono all’attacco di Algeri, un assalto congiunto con le forze navali. La città fu bombardata il 28 giugno, il giorno dopo le truppe francesi si appressarono ad assediare il castello. Entro il 3 luglio furono piazzate le artiglierie ed il 5 il generale La Hitte fece aprire il fuoco. Il castello fu pesantemente danneggiato, i torrioni distrutti, l’interno devastato dalle bombe. La vittoria era netta, ma fu tinta d’orrore quando, di fronte alla kasbah, le truppe francesi scoprirono una piramide di teste mozzate, quelle dei loro commilitoni finiti prigionieri del Bey. La città fu saccheggiata per vendetta, il bey mandato in esilio.

La notizia della conquista di Algeri raggiunse Parigi quando Carlo X era ormai stato deposto e suo cugino Luigi Filippo era stato nominato sovrano della monarchia costituzionale. Il generale Bourmont, che aveva inviato delle truppe ad occupare Bona ed Orano, le ritirò con l’idea di tornare in Francia e restaurare Carlo X, poi preferì l’esilio in Spagna. Luigi Filippo lo rimpiazzò con Bertrand Clauzel e spedì nuovi rinforzi che portarono alla conquista di Orano, nel gennaio del 1831, poi di Bona.

Mentre i bey di Costantina e di Titteri si sottomettevano, i senussi di Abd-El-Kader scatenavano la guerra santa per costituirsi un territorio autonomo da Francia e Impero ottomano. Una colonna di 2500 uomini fu sbaragliata presso Orano, ma gli arabi dovettero fare i conti con un esercito meglio armato e siglarono un accordo di pace. Un anno dopo la Francia sgominava i ribelli impossessandosi della loro roccaforte, Tlemcen. Pagò tutto a caro prezzo, le regole ed i principi dell’arte militare mal si adattavano alla guerriglia in Africa. Le perdite furono enormi ed un nuovo corpo di spedizione con 70.000 uomini si spinse a Monzaiache, Miliana e Medea, poi a Mascara, nel 1841.

Sostanzialmente gli algerini usarono sempre la stessa tattica di avvolgere le colonne in marcia, apparendo e scomparendo rapidamente, usarono gli agguati, le imboscate, i colpi alle spalle. Per i francesi la fanteria fu sempre la regina delle battaglie, agevolata dal largo concorso dell’artiglieria, mentre la cavalleria agì più d’impatto psicologico sul morale del nemico, intervenendo col suo urto al termine dell’azione o operando in esplorazione per prevenire avvolgimenti. Ormai divenuti esperti della guerra in quelle condizioni, stabilirono stazioni permanenti dalle quali partivano colonne mobili, supportati dalla cavalleria in lontananza e con rapide marce si mossero con gli equipaggi al centro, la fanteria in colonna sulle ali con le sue artiglierie, la cavalleria in colonna sui fianchi della fanteria, gli obici da montagna alla coda di ogni colonna, ed una retroguardia molto vicina. Nella notte le truppe si disponevano in quadrato col bagaglio, l’artiglieria e la cavalleria al centro, così da essere pronte alla difesa. Ogni marcia prevedeva la distruzione dei villaggi incontrati per assicurarsi che non restassero alle loro spalle dei nemici. Pochi anni ancora e l’Algeria fu completamente pacificata.

Nel 1843 la vecchia cinta muraria turca di Algeri fu sostituita da una uova cinta bastionata, il volto del paese iniziava la sua trasformazione. L’esercito di Francia aveva patito 100.000 morti, principalmente per colera e malaria,

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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