Storia del Cristianesimo: Sant’Elena
Sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino, fu una figura centrale per l’affermazione del cristianesimo nei domini di Roma.
Nel 292 Costanzo divenne Cesare d’Occidente e, siccome la legge romana non riconosceva il matrimonio celebrato tra un patrizio e una plebea, ripudiò Elena, plebea originaria della Bitinia, per sposare Teodora, figliastra dell’Imperatore Massimiano, suo benefattore. Elena e Costantino, il piccolo nato dal rapporto con Costanzo, furono mandati alla corte di Diocleziano a Nicomedia. La donna non si risposò mai e visse lontano dall’agio della corte, sebbene fosse vicina al figlio. In realtà per la donna fu un periodo assai doloroso, subì l’umiliazione della perdita della sua famiglia e del marito, oltre che della rilevante posizione sociale che aveva assunto, ma si ritirò in silenzio e umiltà, senza recriminare, conducendo vita esemplare. Il legame col figlio fu così forte che, quando Costantino fu proclamato Augusto dell’Impero Romano, nel 306 a York, volle con sé sua madre alla corte imperiale, conferendole il titolo di Nobilissima femina ed ordinando che le si tributassero i dovuti onori. Suo figlio, per lei, rinominò la città di Drepanum, in Bitinia, in Helenopolis e volle la sua effige riprodotta su monete di nuovo conio.
Elena abbracciò il cristianesimo dopo la vittoria su Massenzio, circostanza in seguito alla quale il figlio le concesse il titolo di Augusta. Ciò è testimoniato direttamente da Eusebio nella Vita Constantini in cui leggiamo che la donna “divenne sotto l’influenza di Costantino una serva di Dio così devota, che si poteva credere che fosse stata discepola del Redentore dalla sua più tenera infanzia”. Potendo attingere al tesoro imperiale, l’imperatrice se ne servì facendo del bene, soccorrendo quanti avessero bisogno, provvedendo alle necessità addirittura di città intere. Dalle sue mani passavano fiumi di beni, alimenti, indumenti, denaro per i bisognosi e provvide a liberare prigionieri dalle carceri, dalle miniere, a rimpatriare esiliati. Fu sempre umile e modesta, ospitò gli indigenti alla sua tavola, servendoli con le sue mani. Non accettò beni di lusso e gli agi della sua condizione, vestì con semplicità e usava confondersi con la gente comune per partecipare alle funzioni religiose.
In età avanzata, divenne una intrepida esploratrice e pellegrina in luoghi santi. Nel 327 Elena partì per un viaggio nelle province orientali dell’impero. L’ormai ottantenne imperatrice madre era dunque in pellegrinaggio in Terra Santa sui luoghi della passione di Gesù, immersa in atti di pietà cristiana, preghiere e costruzione di chiese.
A quanto pare il suo sogno era quello di ritrovare il Santo Sepolcro. Elena, secondo Jacopo da Varazze, fece interrogare tutti i saggi ebri di Gerusalemme per ottenere tutte le informazioni possibili sul luogo in cui Gesù era stato crocifisso. Finì così sul Golgota, dove l’imperatore Adriano, 200 anni prima, aveva ordinato l’erezione di un tempio dedicato a Venere. L’imperatrice ordinò che il tempio fosse demolito e che si scavasse per trovare la croce. Una versione della storia vuole che dagli scavi emersero tre croci in una vecchia cisterna – insieme ai chiodi che poi finirono uno sulla Corona Ferrea, uno al Duomo di Milano ed un terzo a Roma – ed il titulus crucis, oggi conservato nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme a Roma, su cui è scritto “Questi è Gesù, il re dei giudei”. Un miracolo le permise di identificare tra le tre quale fosse la Vera Croce. Fu infatti condotto al cospetto delle croci un morto che risuscitò a contatto con una di esse. Era quella la Croce su cui era morto Cristo.
L’anno dopo Elena morì e fu sepolta nel mausoleo collegato alla Chiesa dei Santi Marcellino e Pietro, al di fuori delle mura di Roma; il suo sarcofago in porfido è conservato ai Musei Vaticani e, per le tematiche militari che vi sono raffigurate, si ritiene fosse inizialmente stato preparato per il figlio.