Una pagina di giornale in memoria di Giacinto De Sivo

Giacinto De Sivo è sicuramente il più importante storico controrivoluzionario delle Due Sicilie, lo vogliamo ricordare offrendo ai nostri lettori, la necrologia che Lo Trovatore, giornale filo-borbonico, scrisse in suo onore.

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COMUNICATO

NECROLOGIA

Il Cavalier Giacinto de Sivo fra i mortali non è più!

Egli trasse natali dal cav. Agnello e da Maria Rosa de Gucia ‘a 29 novembre 1814 in Maddaloni, provincia di Terra di Lavoro, del Reame delle Due Sicilie.

Tolse la sua coltura morale e scirntifica in Napoli con rapidità di successo, perché di natura dotato di cuore e d’ingegno non comune, talché a 21 anni già acquisiva credito e posto fra i letterati scrittori per sue opere date alla luce.

A’ 29 settembre 1844 strinse Imenèo con la nobile signora Costanza Gaetani d’Aragona de’ duchi di Laurenzana de cui v’ebbe lunga prole, ma soli quattro figli gli rimasero superstiti.

Fino al 1848 menò vita privata, dedito allo studio delle lettera e alla cura indefessa di sua famiglia;

chè lo rese sempreppiù pregevole a’ dotti e lo distinse per ottimo padre e marito. Dalla cennata epoca in appresso aggiunse altre prove di sé mostrandosi in grado di saper stare al reggimento della cosa pubblica, perché fatto capitano della guardia nazionale di Maddaloni, in quell’epoca nefaste, seppe, non senza pericoli di sua vita, far rispettare i diritti della Chiesa, del suo Re e del popolo da quei forsennati promotori e seguaci della rivoluzione. Per questo crebbe verso di Lui l’amore de’ buoni, l’ira e la calunnia de’ perfidi, e la considerazione del Sovrano, talchè in quell’anno fu nominato membro della commissione d’istruzione pubblica di Terra di Lavoro, e nel 1849 fu consigliere d’Intendenza di quella stessa provincia. Per tale nuovo impegno si die forte studio sulla facoltà amministrativa, chè per sa valentia da Re Ferdinando II s’ebbe vari e gravi incarichi, disimpegnati tutti mai sempre con zelo ed onore.  Nel 1859 Re Francesco II scelselo Commessario per la verifica de’ comuni di Terra di Lavoro, e durava in questo, quando la rivoluzione immessa dall’estero turbò e distrusse quel florido Reame.

Sopravvenuto Garibaldi, ei si ricusò di presentarsi a lui come praticarono i suoi colleghi, e quindi subito venne  destituito, e, arrestato la sera del 14 settembre 1860, fu tradotto in Napoli, e poco mancò non venisse ucciso da’ camorristi maschi e femmine che lo scambiarono per un alto impiegato della passata polizia. Se non che conosciuto pel noto scrittore n’ebbe la libertà a patto di non muoversi da Napoli. Temevano ei sorreggesse la causa del Re in Terra di Lavoro con la sua influenza e co’ suoi scritti, e per tal sospetto a 2 gennaio 1861 fu menato in carcere per la seconda volta, e vi stette due mesi senza farsi giudizio; nel qual tempo più volte gli fu proposto di servire la rivoluzione, e rifiutò. Uscito di prigione prese a scrivere un giornale col suo noto gusto e tatto letterario, ma al terzo numero venne soppresso, e lui per la terza volta messo in carcere, a patto o di pigliar servizio, o l’esilio. Scelse questo; e partì a’ 14 settembre 1861 alla volta di quest’Alma Città,

raggiungendo lo sfortunato, suo Re.

Appena giunto in Roma dettò il discorso pe morti nelle giornate del Volturno difendendo il Reame, e poscia scrisse il libretto: I napoletani al cospetto delle nazioni civili, ch’ebbe in pochi mesi sei edizioni. Da ultimo concepito il pensiero di scrivere la Storia delle Due Sicilie dal 47 al 61, si diè al lavoro con indefessa fatica, e in breve tutta la stese, non ha guari pubblicati i due ultimi volumi. Opera ardua per il tempo, per difficoltà, e per coraggio di dire ‘a contemporanei il vero: ella è di sommo pregio, perché dettata sullo stile del Tacito. In tutti i suoi scritti si ammira la robustezza delle sue idee, l’arte con cui le svolte e la franchezza nel dirle.

Bevve sovente al calice delle amarezze che de’ tristi sa apprestarsi a coloro dichiarati difensori della verità, del diritto e della giustizia; ma la sua virtù lo rese superiore a basse e vili rivincite; calmo e sereno tutto accolse per amore de’ suoi inalterabili principii, però sempre pronto a lottare con la penna l’umana nequizia.

Se non che sendo per fisica costituzione mal fermo, affranto da sofferenze patite per opera della rivoluzione,  e per la indefessa applicazione allo studio, in questo luogo d’esilio la sua vita si accorciò. Con forte animo accolse l’inatteso annunzio della morte, che in breve lo ridusse agli estremi. Volle munirsi degli ultimi conforti della nostra Santa Religione Cattolica, dopo essersi concedato da’ suoi cari, e da tutti gli astanti chiedendo loro scusa e perdono, facendo altrettanto a prò de’ suoi avversarii; e dopo di aver offerto al Signore il Sagrifizio, della sua vita (son sue parole) e per la salute del suo Re, chiuse le pupille per non aprirle mai più alla luce di quaggiù, ridonando la sua anima a quel Dio che gliela diè, spirò nella pace del Signore la sera di martedì 19 di novembre del cadente anno 1867, di anni 53.

Gravissima perdita! Perdè la Chiesa un zelante e sincero cattolico; il Re un affettuoso ed utile suddito; la Patria un forte e disinteressato difensore, i dotti un forbito e intrepido scrittore; le lettere un amore indefesso e instancabile; i suoi figli un accurato e solerte padre, la sua moglie un savio e fedele marito,  i suoi amici un leale e sincero amico!

Sia dunque la sua dimora nella pace del Signore, chè con un sagrifizio incruento sull’Ara

d’espiazione e di perdono gliela implora di cuore il suo Amico.

M. C.

 

 

 

 

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