Tripoli, bel suol d’amore
“Tripoli bel suol d’amore” si cantò nel 1911, poco prima dell’inizio della guerra italo-turca, per propagandare l’imminenza delle operazioni che avrebbero portato il Regno d’Italia ad attaccare l’Impero Ottomano. Il 5 ottobre di quell’anno la Regia Marina sbarcò sulla quarta sponta. Il capitano di vascello, Umberto Cagni, fedelissimo aiutante del Duca degli Abruzzi, occupò la città libica con due reggimenti di marinai protetti dalle artiglierie delle navi. In virtù dei suoi legami con la famiglia reale, Cagni riuscì a far accettare lo sbarco immediato nonostante l’ordine di Roma fosse di bombardare e attendere. Il corpo di spedizione dell’esercito si trovava ancora a Napoli e in Sicilia, ma Cagni sapeva bene che attenderlo sarebbe stata una sciocchezza perchè si sarebbe concesso al turco il tempo di riorganizzarsi. Tripoli fu presa con una mossa inaspettata e repentina, destinata ad accendere gli animi di entusiasmo.
La Marina si distinse in numerose operazioni, anche i suoi giovanissimi allievi. Due navi scuola dell’Accademia Navale di Livorno, la Flavio Gioia e l’Etna, presero parte alla conquista di Zuara. Tutti gli allievi ricevettero il nastrino di guerra. Erano giovanissimi, in maggioranza tra i tredici ed i quattordici anni. Fra questi c’era pure Franco Maugeri, siciliano di Gela, che durante la Seconda Guerra Mondiale, comanderà gli incrociatori Giovanni delle Bande Nere e Bolzano per divenire poi Capo di Stato Maggiore della Marina. Quando però i fanti italiani misero piede in Libia scoprirono una terra arida ed una guerriglia lunga e terribile per loro, soldati di leva, senza esperienza alcuna.
Giovanni Pascoli disse “la grande proletaria si è mossa” ed il costo di quella scelta di guerra fu di oltre un milardo di lire e circa 4.000 morti e 5.000 feriti, cifre che però si fermano al Trattato di Ouchy. Poi le cose peggiorarono, soprattutto in Cirenaica.
Il sanguinoso 1913 segnò a marzo la Battaglia di Garian contro la banda del ribelle El Baruni. Dopo l’occupazione del Gebel restava da completare l’avanzata su Yeffren ma i berberi, sobillati dal turco, insorsero. Il generale Ragni, governatore della Tripolitania, ebbe una tattica attendista, volle che il nemico si avvicinasse alle nostre postazioni e poi, avvisato dalle ricognizioni della cavalleria che la mehalla si apprestava, ordinò al generale Lequio di muoversi con tutta la risolutezza possibile. Ad ovest di Garian passava la via carovaniera e formava un arco nella valle. E’ qui che si tenne il combattimento. Furono costituite tre colonne, la prima, da lui stesso comandata, occupò Assaba, la seconda prese Montrus, la terza, composta dai primi reparti indigeni somali, avanzò su Bir-Cuca, sino alle colline del piano di Azizia. I tre distinti combattimenti in cui le forze nemiche furono annientate. L’episodio centrale fu l’assalto alla baionetta di bersaglieri e alpini al campo dei ribelli. Oltre duecento nemici caddero uccisi, gli italiani contarono 24 morti e 133 feriti. La marcia verso Yeffren riprese brillantemente.
Nel maggio però ebbe luogo un’altra sanguinosa battaglia. Il 16 di quel mese, presso Derna, l’intero presidio italiano uscì dalle linee fortificate all’alba, disponendosi su tre colonne per affrotnare i ribelli della Cirenaica. La colonna centrale, comandata dal generale Mambretti col colonnello Maddalena, marciò con i suoi sei battaglioni misti e l’artiglieria, affiancata da quella di destra, composta da un battaglione di fucilieri, e da quella di sinistra, con due compagnie. Il nemico era apparso nei giorni precedenti davanti alla piazzaforte ed andava stanato. La colonna centrale mosse verso Camporosso, poi seguì per altri quattro chilometri verso Sidi Garbana. La colonna destra attraversò, invece, il Bu Msafer, si diresse nella regione dei Brokoama e subito dopo verso Sidi Garbana. Nel frattempo la colonna centrale iniziò i suoi combattimenti. Le truppe ricacciarono il nemico fino a Ras el ain, caricandolo alla baionetta, poi si fermarono ad attendere rifornimenti e munizioni. Avvistato il nemico sopra Uadi Manhra ed ottenuti rinforzi, avanzò col fuoco di cinque cannoni da montagna su un terreno divenuto insidioso. I nostri finirono circondati e solo l’intervento della riserva frenò l’impeto nemico. La colonna sinistra avanzò senza problemi sino a Sidi Azzizia, per fare ritorno, a sera, a Derna, la colonan destra invece si congiunse alla centrale e con essa combatte più volte formando un quadrato. Tutte le truppe a sera rientrarono a Derna contando numerose vittime e piangendo il colonnello Nicolò Maddalena, veneziano e reduce di Tien-tsin all’epoca dei boxers.
Nel luglio ancora la Cirenaica fu teatro di una feroce ripresa dei combattimenti. Il primo luglio a Saf Saf, un reparto del genio fu travolto dal nemico ed il generale Tassoni dovette raccogliere le forze e soccorrere gli italiani muovendo su Zauia Feidia con un primo urto di fucilieri ed alpini sostenuti dall’artiglieria da campagna e da montagna. Si combattè contro duemila beduini, ben trincerati. Ogni nostro soldato dovette avanzare alla baionetta, accettando anche il corpo al corpo per conquistare il campo nemico ed imporre la ritirata. Al termine delle operazioni, anzhe Zauia Feida risultava presa.
Autore: Angelo D’Ambra