Gli etruschi, le città, l’arte
Già attorno al 1000 a.C. insediamenti etruschi, con un alto grado di civiltà e floridezza economica, sono raccolti nell’odierna Toscana. L’area attorno Cerveteri, Tarquinia, Bisenzio, Vulci, Vetulonia, Populonia, Volterra e Veio è la prima a conoscere gli Etruschi nell’VIII secolo a.C.. Tali centri si caratterizzano per un vivace tessuto economico legato tanto allo sfruttamento delle miniere dell’Elba e ai monti metalliferi della Toscana, quanto al commercio, soprattutto per mare, ed all’agricoltura. Sul piano politico rappresentano invece una costellazione di città autonome l’una dall’altra.
Con il VII e VI secolo a.C., se Bisenzio decade, le altre vivono la loro ascesa e nascono nuovi centri come Chiusi, Perugia e Cortona. Tarquinia, in particolare, diventa tra le più potenti città della Penisola, esercitando la sua supremazia sulle altre città etrusche sino al 500 a.C.. Sul suo territorio sorge il veneratissimo santuario della Dea Voltumna che a tutti gli effetti rappresenta il nucleo sacrale dei popoli d’Etruria. Importanti sono poi Veio, per le sue terracotte, e Cerveteri, per il suo porto. Vetulonia, Populonia e Volterra potenziano invece l’attività mineraria allargando i commerci.
E’ interessante notare che tali città venivano edificate seguendo lo schema, poi reso celebre coi Romani, del Cardo e del Decumano. E se sembra che non conoscessero il marmo, erano invece assai abili nell’uso architettonico dell’arco a tutto sesto nella costruzione delle porte oltre che nelle strutture ipogee.
In agricoltura conoscono perizia tecnica, in architettura arco e volta, la religione presenta rituali minuziosi e pratiche divinatorie, importanza particolare riveste il culto dei morti e della triade Tinia, Uni e Menrva. Il governo di ogni città è affidato ai Lucumoni, assistiti da un consiglio di anziani tratti dalle famiglie più nobili e da un’assemblea del popolo, solo raramente convocata. Le città erano unite solo da vincoli federativi, come la Lega che aveva la sua sede al Tempio di Voltumna, con un consiglio e raduni periodici.
Tra il VI e il V secolo si concretizza la grande espansione etrusca nel Lazio ed in Campania, ma anche a Nord, verso la Romagna, l’Emilia e la Lombardia orientale. Non va sottovalutato il fatto che la base della fortuna economica degli etruschi fu rappresentato dai prodotti del sottosuolo. Fu specialmente l’isola d’Elba a fornire il ferro. Il minerale fu lavorato nelle grandi fornaci di Populonia, precisamente nella località sul mare detta Porto Baratti. Il rame era estratto in gandi quantità nel Campigliese dove è ancora oggetto di ammirazione la Gran Cava, con pozzi, trombe di aeraggio e gallerie. Tuttavia la decadenza è alle porte: quando il Nord subisce l’invasione gallica, le zone campane già conoscono il loro declino e Roma insorge. L’espansione romana sottomette del tutto le città etrusche nel 264 a. C., senza però cancellare le sue incredibili creazioni artistiche.
Al di fuori del mondo greco e delle sue colonie, quella etrusca sicuramente è la civiltà più evoluta, la sua arte è originale, certamente influenzata da quella greca, ma filtrata da una sensibilità indipendente che nasceva da un contesto storico-religioso diverso. Dei templi etruschi purtroppo conosciamo in buona sostanza solo quanto scrisse Vitruvio: avevano qualche analogia coi templi dorici ma gli elementi decorativi sovrabbondavano con una incredibile ricchezza cromatica; anche l’ordine tuscanico, cioè il tipo di colonne usato dagli etruschi, somigliava a quello dorico, ma c’erano alcune differenze come l’uso di una base, al di sotto della colonna. Più chiare invece sono le tracce delle grandi opere difensive di questo popolo, quali costruzioni di mura e porte di città, ed in esse rifulge l’arco: ne sono esempi la Porta dell’Arco a Volterra, la Porta Marzia e quella di Augusto a Perugia, la Porta di Giove a Faleri… Interessanti sono anche le sepolture a camera con la loro pianta rotonda simile a quelle dei micenei, come la Tomba di Casale Marittimo, ancora a Volterra, e la Tomba Campana a Velo. Anche una parte considerevole della scultura etrusca è legata all’arte funeraria, a cominciare dai canopi, vasi cinerari di bronzo o in terracotta con il coperchio modellato come testa umana, produzioni tipiche del territorio di Chiusi che costituiscono una indubbia testimonianza delle capacità realizzatrice degli etruschi. Noti sono i sarcofagi di Cerveteri con coppie di coniugi sdraiate sul coperchio, figure dal sorriso eginetico, caratteristiche dell’arcaismo greco. Nell’ultimo periodo dell’arte etrusca dilagò soprattutto la pittura e la scultura del fantastico con le creature infernali che volano nella Tomba di Arunte, nell’ipogeo dei Volumni a Perugia, e la Chimera di Arezzo, oggi nel Museo Archeologico di Firenze. E’ qui che troviamo il grande dinamismo dell’arte etrusca, l’energia interiore che ogni opera sprigiona.
Autore articolo: Angelo D’Ambra
Bibliografia: G. Camporeale, Gli Etruschi. Mille anni di civiltà