Quale verità su Caligola?
Di Caligola gli storici romani ci hanno consegnato un ritratto irrimediabilmente negativo e riprovevole. Un despota, un depravato, un folle. E se le cose non stessero così? Se gli scritti celassero un Caligola riformatore e nemico del senato?
Terzo maschio di nove figli, fin da ragazzo visse in un contesto segnato da attentati, atrocità, uccisioni e tradimenti. Assistette alla morte violenta del padre, il generale Germanico, morto avvelenato ad Antiochia nel 19 d.C.
Nel 27 d.C. era stato affidato alla bisavola Livia e con lei visse fino alla morte, per due anni, pronunciandone l’elogio funebre perché il figlio, l’Imperatore Tiberio, la odiava. Gaio Giulio Cesare Augusto Germanico, soprannominato dal padre “Caligola”, da “caliga”, la calzatura dei legionari, fu allora affidato alla nonna paterna, Antonia, nipote di Ottaviano Augusto, mentre la sventura s’abbatteva sulla sua famiglia: suo fratello Nerone fu esiliato a Ponza e qui, nel 31 d.C., si suicidò; sua madre Agrippina fu relegata a Pandataria, l’odierna Ventotene, e vi morì lo stesso anno in cui spirò anche suo fratello Druso, prigioniero nel Palatino con l’accusa di cospirazione. A Caligola restavano tre sorelle: Giulia Livilla, Agrippina minore e Drusilia. Il prozio Tiberio lo accolse a Capri ed il ragazzo vi soggiornò con apparente serenità benché sapesse bene di trovarsi ospite del principale nemico della sua famiglia. E’ probabile che instradò il suo disagio in comportamenti bizzarri e sconvenienti come l’animosità con cui prese ad assistere alle esecuzioni dei condannati a morte, i travestimenti da donna, le esibizioni in danza e canto, le relazioni adulterine… Tiberio fu placido e onesto col nipote, lo nominò augure e poi pontefice, gli assegnò i migliori insegnanti facendone un valente oratore, profondo conoscitore del greco e colto. Il rapporto tra i due fu certamente contraddittorio e conflittuale, probabilmente lo zio provò forti sentimenti di rimorso e commiserazione nei suoi riguardi e questi restò affascinato dallo zio per la sua caratura intellettuale. Preoccupato di nominare un successore, l’ormai anziano imperatore, nel 35 designò coeredi Tiberio Gemello, figlio di Livilla e Druso II, e Caligola. Fu una mossa inaspettata, tutti sapevano che a capo dell’Impero poteva esserci un solo imperatore, lo sapeva pure Caligola che sedusse Ennia Nevia, moglie del prefetto del pretorio Macrone, che convinse il marito a sopprimere Tiberio soffocandolo con un cuscino. Seneca è il solo a scagionare Caligola da questo omicidio attribuendo la morte di Tiberio ad un infarto, ma quel che è certo è che il decesso del prozio, il 17 marzo del 37 d.C., a Miseno, fece di Caligola l’unico erede al trono imperiale.
A venticinque anni, solo superstite della sua famiglia, Caligola si ritrovò così imperatore. Svetonio ce lo presenta alto, pallido, dalla fronte ampia e gli occhi incavati. Soffriva di epilessia e di insonnia, temeva i temporali, ma aveva pure grandi doti oratorie ed un inaudito coraggio che lo portò, incapace di nuotare, ad affrontare due tempeste per riportare a Roma le spoglie del padre, della madre e di suo fratello Nerone.
Si mostrò moderato e saggio, corrispose tutte le elargizioni previste dal testamento di Tiberio ed anche quelle di Livia che Tiberio non aveva assegnato. In molti l’ebbero a cuore per la stima di suo padre Germanico e per la compassione che suscitava la sua storia famigliare, ma fu lui a farsi amare. I primi suoi provvedimenti, infatti, ottennero grandi consensi: l’abolizione del delitto di lesa maestà, il richiamo in patria degli esiliati, la riabilitazione degli scrittori banditi da Tiberio, l’abolizione di alcune imposte… infine adotto suo cugino Tiberio Gemello conferendogli il titolo di princeps iuventutis. Si conquistò così i più larghi consensi, ma poi le cose cambiarono. Gli storici dell’epoca attribuiscono tutto ad una improvvisa malattia – forse una sindrome da avvelenamento da piombo – che lo portò sull’orlo della morte e che, superata, gli lasciò come strascico un temperamento atroce, instabile ed esaltato.
In tutta Roma scatenò atrocità e sangue. Tra i primi a cadere fu il cugino, costretto al suicidio, seguirono il suocero, Silano, e Macrone, le due persone che più avevano influito sul suo successo ma che avevano poi puntato su Tiberio Gemello per essere sicuri di un erede da controllare in caso di morte dell’Imperatore. Bizzarro e scandaloso fu il suo matrimonio con Livia Orestilla che rapì al promesso sposto, Gaio Calpurnio Pisone, il giorno delle nozze, per poi ripudiarla nel giro di due mesi e sostituirla con Lollia Paolina, anch’essa presto ripudiata. La morte di sua sorella Drusilia peggiorò le cose e lo fece precipitare in una sofferenza folle: ordinò la sospensione generale di tutti gli affari e fuggì da Roma per qualche tempo nascondendosi a Siracusa; al ritorno, divinizzò la sorella morta col nome di Pantea e ciò diede adito alle voci di chi lo voleva vittima di un amore incestuoso.
L’ira tornò ad accecarlo, e non senza ragione, quando si seppe di una congiura militare capeggiata dalle altre sue due sorelle e da Marco Emilio Lepido, vedovo di Drusilla ed amante di Agrippina, Caligola raggiunse il limes germanico, deposte il generale Gneo Lentulo Getulico, accusato di partecipare al complotto, e lo fece giustiziare e sostituire col generale Servio Sulpicio Galba. Le sue sorelle furono mandate in esilio a Pandataria, mentre Emilio Lepido fu ucciso.
In contraddizione col volto torvo della vendetta e della follia, ci sono però i grandi risultati delle sue opere pubbliche, il porto di Reggio, il tempio del divo Augusto, il teatro di Pompeo, l’acquedotto Anio Novus e l’Aqua Claudia, l’anfiteatro del Campo Marzio etc. Positiva certamente fu anche la sua politica estera, giusta e rigorosa: provò a seguire le orme paterne e quindi restituì il trono ad Antioco IV di Commagene, le terre e la libertà a Erode Agrippa.
Non mancò di ricorrere alla guerra allestendo due nuove legioni, la XV Primigenia e la XXII Primigenia, e conducendole in Germania per ottenere la sottomissione del capo britannico Adminio. Forse si spinse pure a progettare una invasione della Britannia che però non ebbe mai luogo. Quando tornò a Roma, nell’estate del 40, riprese la sua politica di terrore, sterminando gli oppositori. “Colpisci in modo che si accorga di morire”, usava dire.
Ma la follia e la cieca rabbia di cui parla Svetonio, le vendette, gli assassini, gli incesti con le sorelle, gli adulteri con le ricche matrone romane probabilmente appartengono ad una narrazione di parte dei fatti.
Comprendere la figura di Caligola, sia dal punto di vista psicologico che politico, non è sempre facile soprattutto a causa della distorsione del personaggio operata dalle fonti pervenuteci. Folle, depravato, feroce, questo imperatore in realtà ebbe un piano politico chiaro. Nei suoi tre anni di governo, dieci mesi e otto giorni puntò a trasformare Roma in una monarchia con l’abolizione del senato e la nascita di un potere assoluto per l’imperatore, sul modello orientale. Così accusò esplicitamente il Senato d’essere stato l’ispiratore degli omicidi ordinati sotto Tiberio. In quest’ottica vanno interpretate anche la proposta provocatoria di eleggere console il proprio cavallo e la nota convocazione notturna dei senatori quando si mise improvvisamente a danzare davanti a loro. Caligola con atti simili volle umiliare il senato. Giunse persino, in più circostanze, ad esautorò dei suoi poteri assegnando importanti incarichi a giovani di origine servile. In quest’ottica va pure interpretate la tendenza del Divus Gaius ad equipararsi a Giove: dalla quarta moglie, Milonia Cesonia, ebbe la sua unica figlia, una bambina che chiamò Giulia Drusilla, in ricordo della sorella, e che, appena nata, fu portata in Campidoglio presso la statua di Giove, circostanza in cui Caligola avrebbe attributo due padri alla figlia, lasciando intendere ai presenti che lui era quello più potente. Tutto questo ovviamente gli attirò l’odio dei senatori che trasuda ancora oggi nelle opere degli storici romani, mentre lo rese molto amato dal popolo.
Non restò, al Senatus, che ricorrere ad una cospirazione per eliminarlo. Il 24 gennaio del 41 d.C., in una Roma festante per la celebrazione dei Ludi Palatini, i tribuni Cassio Cherea, Cornelio Sabino e Valerio Asiatico guidarono un gruppo di pretoriani nelle stanze di Caligola. L’Imperatore venne ucciso con più di trenta pugnalate. Con lui furono uccise anche la moglie e la piccola Giulia Drusilla.
Autore articolo: Angelo D’Ambra
Bibliografia: AA.VV., Caligola. La trasgressione al potere; G. Cambiaggio, Caligola. Il sadico onnipotente; D. Nony, Caligola