L’artigianato estense a Reggio

Reggio, ai primi del Cinquecento, visse un momento di vivace floridezza economica. Il commercio era redditizio, le produzioni di tessuti di seta avevano raggiunto una rinomanza europea. Sul finire del secolo, però, era già tutto svanito. Le attività commerciali s’erano inaridite e le manifatture seriche erano state surclassate dalla spietata concorrenza olandese e inglese. Il fallimento delle speranze della borghesia locale di vedere a Reggio insediarsi gli Este, dopo la perdita di Ferrara, sembrarono confermare il declino economico.

Reggio, in questo secolo, fu pure un vivace centro di arte orafa. Bartolomeo Spani consegnò al clero cittadino due superlativi busti d’argento di San Grisante e di Santa Daria, ed una Croce capitolare. Al Seicento risalgono invece quattro candelabri ed una croce commissionata da Francesco I d’Este, Duca di Modena, all’orafo Gian Francesco Frangi, e sette lampade d’argento per la Basilica della Ghiara realizzate da Paolo Magnavacchi e Lodovico Riva.

Ad inizio Cinquecento, nelle campagne reggiane fu impiantata una numerosa coltivazione di gelsi bianchi e nel giro di dieci anni si dedicarono all’arte della seta famiglie nobili e borghesi della città nonché artigiani che confluirono a Reggio dagli altri domini estensi come Mastro Antonio “sedaiolo da Zenua citadino ferrarese” che s’era presentato, nel 1502, al Consiglio degli Anziani con una lettera di raccomandazioni firmata da Lucrezia Borgia, Duchessa di Ferrara. Tra le famiglie che più lustro donarono alle sete di Reggio ci furono i Guidotti che, nel 1676, acquistarono il Castello di Fabbrico e vi impiantarono una fortunata filanda.

Nel 1581 l’Arte della Seta a Reggio ebbe i suoi statuti che rappresentano una interessantissima documentazione sulla società dell’epoca. Nei capitoli, infatti, vi appaiono alcune figure centrali nell’industria serica, oggi per lo più dimenticate. Oltre a tintori e tessitori, vi si elencano infatti i mercanti, obbligati a far tessere i drappi secondo le tassative regole dell’Arte, i filatoglieri, operai specializzati nella filatura, le calderane, le donne che svolgevano le matasse e ne facevano gomitoli, le cernitore, le donne obbligate a dividere seta sottile, seta grossa e seta capitone, le abbinatore, che abbinavano la seta, le incannatore, che incannavano le sete, ed infine tintori e tessitori.

Il successo delle sete di Reggio superò i confini del Ducato di Modena. Le ordinazioni erano talmente numerose che filatoi e orsoi cittadini non erano sufficienti a soddisfare la domanda dei tessitori e dei commercianti. Col Seicento l’arte decadde per riprendersi solo a fine secolo grazie alle crescenti richieste dei costumi signorili e dei drappi sui mercati di Livorno e del Levante. Fu il secolo del barocco, della continua ricerca del nuovo, e un’esplosione di nastrini, pizzi, tessuti da parato e broccati dette ancora vigore alle seterie reggine.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: AA.VV., Ducato di Modena e Reggio (1598-1859)

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