La disfatta di Hattin

Con ancora l’eco della disfatta di Hattin, Saladino è spesso presentato come un condottiero invincibile eppure, prima di avere ragione dei cristiani, dovette organizzare ben tre invasioni del piccolo Regno di Gerusalemme e molte furono le volte in cui fu sconfitto, spesso con forze più numerose di quelle crociate.

La prima invasione di Saladino si concluse per lui con la schiacciante sconfitta nella Battaglia di Montgisard, il 25 novembre 1177, dopo aver invaso il regno dall’Egitto con oltre trentamila uomini ed essere respinto da poche centinaia di cavalieri guidati da Baldovino IV il lebbroso. La seconda invasione respinta risale invece all’estate del 1182, ben cinque anni dopo Montgisard.

Manuele I Comneno, imperatore di Costantinopoli, era morto, e Saladino aveva concluso una tregua coi normanni di Sicilia. Il Regno di Gerusalemme si trovava quindi del tutto isolato, privo di alleati ed incapace dunque di aspettarsi soccorsi in breve tempo da forze amiche. Consapevole di ciò, Saladino, invase il regno portando il suo esercito nel sud della Galilea all’assedio della fortezza di Forbelet. Lungi dal sorprendere il re di Gerusalemme, l’invasione di Saladino fu abilmente anticipata da una serie di contromosse dei cristiani. Settemila cavalieri di Gerusalemme furono guidati dal loro re, Baldovino IV il lebbroso, già vittorioso a Montgisard, contro un’armata di trentamila musulmani. Combatterono sotto un calore immenso e quel giorno a scacciarono ancora Saladino.

A giugno dell’anno successivo, l’1183, l’esercito cristiano affrontò un’altra invasione e costrinse nuovamente Saladino a ritirarsi, questa volta senza nemmeno impegnarsi in una battaglia a tutto campo. Poi arrivò il disastro di Hattin. Era il 4 luglio del 1187. Le perdite cristiane durante la battaglia furono così enormi che la difesa del resto del Regno di Gerusalemme divenne impossibile.

La notizia lasciò di sasso l’Europa intera. Ormai si dava per scontata la sopravvivenza del Regno di Gerusalemme seppure continuamente sotto stato d’assedio. Gli stati musulmani avevano sempre circondato il regno crociato e questo era sempre riuscito a sfruttare le loro divisioni, in particolare la rivalità tra sciiti del Cairo e sunniti di Baghdad. Stavolta però Saladino aveva unificato sotto la sua spada la Siria e l’Egitto, le città di Cairo, Damasco, Aleppo, Homs e Mosul erano sotto il suo completo controllo. Baldovino IV era pienamente consapevole che le forze musulmane s’eran fatte più pericolose, ma a nulla servì la sua supplica all’Occidente, abituato ai successi del giovane re lebbroso.

La notizia della sconfitta di Hattin sconvolse l’Europa svegliandola dalle sue illusioni, si dice addirittura che cagionò la morte del Papa Urbano III.

Saladino aveva riunito il proprio esercito davanti alla fortezza di Tiberiade, titolarità di Raimondo III di Tripoli, ma sede di sua moglie Eschiva, Principessa di Galilea. La donna implorò soccorsi, ma suo marito scongiurò Guido di Lusignano, subentrato a re Baldovino IV morto due anni prima, di non prestarne perché probabilmente si trattava di una trappola. Le idee del Conte di Tripoli convinsero il consiglio di guerra, tuttavia Guido da Lusignano, supportato da Gérard de Ridefort, Gran maestro dell’Ordine Templare, il giorno dopo, marciò lo stesso in soccorso di Tiberiade.

L’esercito cristiano attraversò quell’arido territorio nel pieno dell’arsura estiva, ma gli incalzanti attacchi delle avanguardie nemiche rallentarono il suo percorso. Così a mezzogiorno mancavano ancora 9 miglia per Tiberiade. Sarebbe stato allora il caso di raggiungere e fermarsi alle più vicine sorgenti di Turan per quella notte ma Guida da Lusignano ordinò che l’avanzata continuasse. Saladino allora mandò le sue truppe ad occupare il campo completando il suo piano e bloccando ogni strada all’armata cristiana.

L’esercito di Guido, caduto in trappola, s’accampò in quelle campagne desertiche, di notte, esausto, assetato, demoralizzato e diviso. Al mattino si risvegliò circondato da fumo dell’erba bruciato dal nemico, dal quale presero a piovere frecce su frecce. Invece di ingaggiare battaglia, Guido da Lusignano provò a continuare la marcia verso le sorgenti di Hattin, a circa tre miglia di distanza, mentre la cavalleria cercava di scacciare i musulmani alle calcagna. Questo tentativo fu bloccato dall’esercito nemico, che impedì anche ogni possibile ritirata. La fanteria, travolta dalle perdite, si ritirò sulle colline di Hattin e quando Guido di Lusignano mosse battaglia, senza la protezione dei fanti, la sua cavalleria fu decimata dalle frecce e costretti dapprima a combattere a piedi e poi a ritirarsi verso le colline di Hattin. Probabilmente fu in questo punto della battaglia che la Sacra Croce fu persa. Il Vescovo di Acri, che la trasportava, fu ucciso. Guido da Lusignano tentò un’ultima sortita, ma fu fatto prigioniero. Fu un disastro. Solo circa 3000 fanti riuscirono in qualche modo a fuggire e dei 1200 cavalieri e baroni solo quattro baroni, Raimondo III di Tripoli, Reginaldo di Sidone, Joscelin III di Edessa e Baliano di Ibelin, fuggirono alla cattura insieme a poche decine di cavalieri.

Queste migliaia di prigionieri furono venduti come schiavi, tutti i Templari e gli Ospedalieri catturati furono uccisi, mentre Guido da Lusignano fu portato a Damasco come prigioniero, altri nobili vennero invece riscattati. Entro la metà di settembre, Saladino venne in possesso di San Giovanni d’Acri, Nablus, Jaffa, Toron, Sidone, Beirut e Ascalona.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: S. Runciman, Storia delle crociate

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