Storia del Cristianesimo: Anjirō il primo cristiano giapponese
Anjirō fu il primo cristiano giapponese di cui si ha notizia.
Dopo aver commesso un omicidio nella sua terra natale, si unì alla compagnia portoghese di Fernão Mendes Pinto, con la quale arrivò a Goa dove incontrò San Francesco Saverio unendosi alla sua missione in qualità di traduttore.
Convertitosi, divenne egli stesso missionario, battezzato col nome di Paulo de Santa Fe. Fu lui ad accompagnare San Francesco Saverio, Cosimo de Torres e Juan Fernandez nella prima missione cristiana in Giappone.
Anjirō era originariamente un samurai del Dominio di Satsuma, e fu descritto come “ricco e di nobile estrazione”, ma dopo l’omicidio dovette fuggire dalla sua terra. Unitosi ai portoghesi, fui lui stesso a voler incontrare San Francesco Saverio perché fosse confessato per il suo crimine.
Andò allora a Malacca, ma il santo era partito per le Molucche. Deluso, Anjirō salì su una nave che lo avrebbe riportato in Giappone, ma incontrò una tempesta e dovette rifugiarsi sulla costa cinese. Lì incontrò un altro capitano portoghese, che lo informò che San Francesco Saverio era tornato a Malacca. Tornò allora indietro e finalmente poté incontrare il santo. Era il dicembre del 1547.
Anjirō aveva appreso un po’ di portoghese e poté comunicare facilmente col gesuita. Fu confessato e parlò della sua terra al santo, più tardi, a Goa, quartier generale dell’India portoghese, fu battezzato e proseguì la sua formazione in lingua portoghese e studiò al Collegio di San Paolo.
Quando il 14 aprile del 1549 San Francesco Saverio salpò per il Giappone, Anjirō era con lui.
Anjirō condusse i gesuiti a Tenjiku, la culla del buddhismo, e fu fondamentale nel coinvolgimento delle popolazioni locali. Riuscì persino a far sì che San Francesco Saverio fosse ricevuto dal daimyo Satsuma Shimazu Takahisa. A quel tempo ai giapponesi non era del tutto chiaro che il cristianesimo rappresentasse una religione diversa dal buddismo. La confusione fu aggravata dal fatto che Anjirō, per tradurre il termine Dio, usava la parola “Dainichi”, un titolo giapponese di Buddha. Fu San Francesco Saverio a rendersi conto dell’errore nell’estate del 1551 mentre stava predicando a Yamaguchi e da allora usò la parola “Deus”. I monaci buddisti, che inizialmente avevano rispettato i gesuiti, iniziarono subito ad ostacolarli.
Dopo meno di un anno a Kagoshima, San Francesco Saverio raggiunse Kyoto nella speranza di convertire l’imperatore del Giappone al cristianesimo, così l’intera nazione avrebbe seguito. Anjirō fu posto alla guida di una piccola congregazione a capo della quale restò anche quando San Francesco Saverio tornò a Goa, accortosi che nel disordine del periodo Sengoku la conversione dell’imperatore non sarebbe servita al cambiamento di fede dell’intero popolo.
Anjirō però, dopo due anni, fu cacciato da Kagoshima e fatto oggetto di persecuzioni religiose. Probabilmente riprese la vecchia vita e, bizzarramente, morì da pirata in una incursione lungo le coste cinesi.
Autore articolo: Angelo D’Ambra
In copertina, San Francesco Saverio. Fonte foto: dalla rete