La Corona d’Aragona ed il Libro del Consolato del Mare

Il Llibre de Consolat de Mar o Libro del Consolato del Mare rappresenta un testo giuridico fondamentale per la regolamentazione dei traffici via mare del basso Medioevo in quanto non a torto può considerarsi come il primo tentativo di codificazione marittima della nuova potenza talassocratica del secolo XIV: gli Aragonesi.

Ad un rapido sguardo le norme del Libro del Consolato del Mare lasciano di stucco per l’intreccio tra modernità e regresso schiavista che le caratterizza, come al capitolo 127 dove si legge che “il padrone è obbligato: se cade infermo un marinaio e muore sulla nave, deve pagare per intero il suo salario. E se si trovasse qualche parente del defunto, gli si debbono dare le sue cose. Però, lo abbia o non lo abbia dichiarato il defunto, si debbono dare ai figli o alla moglie, se questa viveva col marito. Ma se la moglie non gli era fedele o era separata da lui quando partì da terra, il padrone, con il notaio e con l’approvazione della giustizia, deve darle ai parenti più prossimi”. Vediamo qui come il riconoscimento di una indennità sia relazionato ad una sorta di valutazione morale della condotta muliebre decisamente anacronistica.

Ancora più interessanti sono i capitoli seguenti riferiti a casi di contrasti e risse fra il padrone ed i marinai. Il capitolo 163 prescrive che “ogni marinaio che toccherà adiratamente il suo padrone è spergiuro e traditor e deve essere arrestato e deve perdere tutto quanto”. L’immagine si fa molto concreta nella descrizione plastica di una scena quasi goffa al capitolo 164 in cui si legge che il marinaio è “tenuto a sopportare il suo padrone quando gli dica qualche parola cattiva. E se costui gli corre dietro, il marinaio deve fuggire sino a prora e mettersi al lato della catena. Ma se il padrone lo aggredisce lì, deve saltare dalla parte opposta. E se lo afferra lì, può difendersi, chiamando testimoni. Perché il padrone non deve superare la catena”. Pensiamo ad un datore di lavoro che insegue sull’imbarcazione un proprio dipendente per picchiarlo. Ebbene se il marinaio riesce a raggiungere la prora, al “lato della catena”,ha diritto alla difesa, altrimenti…

La disposizione è molto simile a quella contenuta nel capitolo XXXVIII degli Ordinamenta Maris di Trani che disciplina l’istituto della “defensa” a testimonianza del valore radicato nel tempo delle consuetudini marittime.

Questo equilibrio tra passato e futuro fu forse anche il risultato di uno straordinario sviluppo della Corona d’Aragona che dall’entroterra agreste e pastorale della valle dell’Ebro chiusa tra imponenti catene montuose diviene una federazione multinazionale nel Mediterraneo.

L’Aragona è divisa in tre province, Saragozza ne è il cuore, Huesca è a Nord e Teruel a Sud. Insieme esse segnano i tempi d’una avanzata militare, un’ascesa dinastica che s’affacciò sul mare e proseguì per gradi, per vittorie, per unioni matrimoniali, per trapassi ereditari.

La Corona d’Aragona nel 1235 conquistò Valencia e nel 1258 la Catalogna costituendo un reame trino singolare in cui il rapporto col sovrano era di natura pattizia: i sudditi non riconoscevano al re un’investitura divina ma gli prestavano obbedienza in quanto egli rispettava e si faceva garante dei diritti di città e territori. Prima ancora gli Aragonesi s’erano impadroniti di Maiorca, nel 1229; molto più tardi, nel 1332, presero Minorca, Ibiza nel 1235, la Sicilia nel 1282 e poi la Sardegna nel 1323 alla quale, senza mai riuscirci, provarono ad aggiungere la Corsica. Riuscirono invece a prendere Napoli, nel 1443, segnando profondamente il Rinascimento italiano e l’equilibrio a venire del Mediterraneo.

A metà Quattrocento, dall’entroterra iberico, il centro della monarchia s’era definitivamente spostato nel mare. Protagoniste di questo cambiamento furono le città marinare iberiche. A partire dalla metà del Duecento le lonje di Valencia e Maiorca pullulavano di navigatori, mercanti, avventurieri e caballeros mentre le atarazanas di Barcellona varavano in continuo tartane e cocche.

Più note sono le vicende di Barcellona che ottenne da Giacomo I d’Aragona una serie di importanti privilegi ed estese il proprio territorio su numerose terre e borgate della bassa Catalogna. Ciò fu determinante per l’egemonia nella regione ma soprattutto per il potenziamento della sua economia ed il progressivo incremento della sua presenza nel commercio marittimo del Mediterraneo occidentale.

Dalla fine del Duecento sino alla metà del Trecento, però, nella penisola iberica furono diverse le città marinare che rifulsero per vivacità. Anzitutto Valencia, proprio qui infatti, il nuovo re Pietro III d’Aragona, nel 1283, stabilì il primo Consolato del Mare di Spagna. Nel farlo, ordinò che esso, in funzione di vera e propria magistratura marittima, applicasse i costumi e le usanze marittime di Barcellona, ancora non codificate, e proibì l’istituzione di altri consolati nei territori della Corona d’Aragona. Bisognò aspettare il secolo successivo per assistere all’istituzione di un secondo consolato. Sotto Giacomo III di Maiorca, detto il Temerario, nel 1326, fu infatti istituito un consolato del mare a Maiorca e quando, nel 1347, anche Barcellona poté avere il suo, grazie a Pietro il Cerimonioso, l’istituzione dovette conformarsi a quella operante nelle Baleari.

Nel 1363 fu la volta di Tortosa, ancora una città catalana, nel 1385 di Gerona, anch’essa catalana, nel 1387 di Perpinan, di nuovo un porto catalano (oggi in Francia), nel 1443 di San Feliu de Guíxols e poi di Tarragona, sempre in Catalogna.

Fu così, accompagnando l’espansione mediterranea della Corona d’Aragona, che via via andò formandosi il Llibre del Consolat de Mar, il Libro del Consolato del Mare. Sebbene esso si spesso legato a Barcellona, la prima edizione barcellonese del testo risale effettivamente solo al 1502 come esito della mistione dell’Ordre judiciari de la Cort del cònsols del mar de la ciutat de València e dei Capítols del Consolat de mar de Mallorques. Più un trattato di diritto commerciale marittimo che un codice vero e proprio, questo testo, destinato a giocare una parte centrale nella storia del diritto, può essere per tali ragioni considerato frutto di una volontà di uniformare gli usi marittimi del Mediterraneo sotto l’egida di una talassocrazia in bilico tra la tradizione giuridica romano-bizantina e quella umanistico-rinascimentale.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Foto gentilmente concesse dalla Compagnia d’arme “La Rosa e La Spada”

Bibliografia: A. De campany, Libro del Consulado del Mar; G. M. Casaregi, Il Consolato del Mare; S. Corrieri, Il Consolato del Mare; E. Sarasa Sanchez, La Corona de Aragón en la Edad Media; J. A. Sesma Munoz, La Corona de Aragón en el centro de su historia, 1208-1458.

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