Gli Etruschi e Cuma
La guerra tra Cuma e gli Etruschi è il conflitto che apre questa serie di quattro post (cinquant’anni di storia concitata non si possono raccontare nello spazio di un solo post), un conflitto del quale poco si dice, ma che a suo tempo ebbe conseguenze talmente importanti e durature da giungere fino ai giorni nostri, oltre che a lasciarci una lezione sulla quale riflettere quando chiuderemo il quarto post.
Vedremo infatti come gli eventi storici fecero in modo che una grande e importante città dell’epoca, Cuma, perse il suo rango a favore di una sua colonia, l’attuale capitale del Mezzogiorno, Napoli, che 2450 anni fa restò l’ultima città greca nel Golfo che all’epoca era chiamato Golfo Cumano.
Oggi Cuma, (in greco Kyme, onda) è nota per gli scavi, più che altro, ma all’epoca dei fatti essa era la più antica polis ellenica su suolo italico, una città incredibilmente ricca, con una storia già secolare, posta lungo la rotta che dalla Grecia portava prima a Marsiglia e poi oltre ancora…
I Cumani erano interessati al mare perché era il loro elemento naturale, ma anche gli Etruschi lo erano, perché il controllo delle rotte marittime da sempre permette di controllare il traffico delle merci più pregiate. Di fatto, tanto i Greci quanto gli Etruschi praticavano la pirateria a spese gli uni degli altri.
All’epoca la pirateria era un’attività persino lecita, quasi un modo per “espandere il bacino dei propri fornitori”. Che poi questi fornitori non fossero d’accordo, è un’altra storia.
Nel VI secolo a.C. gli Etruschi si espandono in tutta Italia, in particolare intorno a Kapu, l’odierna Santa Maria Capua Vetere (l’espansione degli Etruschi in Italia ha un singolare parallelo con la più tarda espansione dei Longobardi, con un territorio a Nord, e un altro a Sud di Roma). Diversamente dai Cumani, gli Etruschi non restano sulla costa, ma occupano tutto il territorio, e naturalmente giungono così a chiudere Kyme, sul suo promontorio, da mare e da terra.
Una prima e famosa battaglia di terra nel 524 a.C. vede Kyme guidata dal tiranno Aristodemos battere gli Etruschi del lucumone di Clevsi (nota col nome latino di Clusium, odierna Chiusi), Lars (sì, è un nome etrusco) Porsenna.
Una seconda battaglia dalla data incerta, ma tra il 524 e il 506 a.C., venne combattuta per terra ad Aricia (odierna Ariccia), posta lungo la via che avrebbe permesso agli Etruschi di giungere liberamente in Campania, ma gli Aricini riuscirono a chiedere aiuto ad Aristodemos che, organizzata un’alleanza coi Latini, giunse in loro soccorso e batté ancora una volta gli Etruschi.
Finalmente nel 474 a.C. gli Etruschi, irriducibili, organizzano una grande flotta contro Kyme, ma la città non si fa trovare impreparata. Chiede aiuto a Syrakusai, all’epoca governata dal tiranno Hieron I, un personaggio di quelli che meriterebbero fiumi d’inchiostro.
Nelle acque di Kyme le due flotte si scontrarono per il controllo del Tirreno meridionale in una battaglia che il poeta Pindaro, che assisté a bordo di una nave siracusana, accosta alla vittoria ateniese di Salamina contro i Persiani (Pitica, I, 140).
Ora annuisci al mio voto, Cronide, che lunge si freni
l’urlo tirreno e il fenicio, veggendo lo scempio di navi
nell’acque di Kyme, veggendo
quanto patiron fiaccati dal duce dei Syrakusani,
che dalle rapide navi nei flutti la lor gioventù
sommerse, che l’Ellade trasse dal grave servaggio.
La battaglia di Kyme segna per gli Etruschi l’inizio della fine: nel Sud Italia saranno presto sopraffatti dagli Oschi, e non impensieriranno più Kyme.
Per Kyme, al contrario, fu festa grande, e sembrò che ora toccasse a lei espandere il proprio territorio. Ciò si fece cominciando da un borgo sorto nei pressi di un porto commerciale cumano, che oggi corrisponde al nome di Napoli.
Autore articolo: Marino Maiorino
Marino Maiorino è astrofisico e romanziere, studioso della Magna Grecia
GrazIe, ignoravo tale periodo storico.